dì ingegno, non che di spirito. Egli mi rimprovera — naturalmente, nella forma più urbana e cortese — di essere uscito, con le citate parole, dal binario della diplomazia austro-ungarica; e scrive che a Vienna oggi ancora, come ai tempi di Metternìch, è tradizione l'ignorare i sentimenti popolari, e che per le menti viennesi il mio modo dì vedere è quello d’un giacobino, non quello d'un ex-rappresentante del Ballplatz. « Adunque, a Roma predomina, evidentemente, oggi ancora lo stesso funesto errore, che già cagionò tanto danno : l’errore di volere ignorare tutto ciò che accadde nella monarchia durante l'ultimo mezzo secolo. Si vive quasi macchinalmente dì ricordi dì un’epoca da lunga pezza trapassata; alla parola a Austria » si pensa soltanto a Metternìch e Haynau; si chiudono gli occhi davanti ai cambiamenti, recati con sè dal compromesso austro-ungarico, dal suffragio universale, dalla coscrizione generale e da parecchie altre istituzioni. E se questo è il caso della élite degli intellettuali, in quale abisso di ignoranza si debbono ancora muovere le classi popolari? « Con un'insistenza, che dò, nell'occhio, la Tribuna accentua che l'azione di pace delle potenze centrali non riuscirà ad abbindolare i peritosi e i pusillanimi in Italia e ad eccitarli alla guerra civile. Oh? Non dice un noto proverbio francese: Qui s’excuse, s’accuse!? « Non senza sbalordimento poi, chiunque pensi imparzialmente leggerà le seguenti linee di Rastignac, che invitano me e tutti gli altri di Vienna con me, ad apprendere che * dopo tanti secoli di servitù, tutto sopportano gli italiani nella loro ricuperata libertà e indi-pendenza, piuttosto che l'ingerenza dello straniero nelle loro deliberazioni politiche, per quanto quell'ingerenza sia accompagnata da blandizie o da minacce. » (Ah! Rastignac, ritraduco il vostro italiano dal tedesco!) « Udite! Udite! esclama involontariamente il lettore. La Tribuna deve avere una memoria labile, se ha già — 102 —