sono sempre un popolo forte e guerriero, contro il quale l’Italia non ha alcuna ragione di stare eternamente nemica e non ritornare nelle antiche relazioni che fecero la buona intesa d’armi e d’idee al tempo della comune lotta contro l’Austria — e perchè, data la sua situazione in Europa, e la sua posizione di equilibrio fra i vari paesi in concorrenza e in lotta tra loro, la pace e la costituzione della pace sono condizioni essenziali del suo sviluppo materiale oltre che politico e morale. Nella costituzione della pace essa è sicura dagli amici e dai nemici. Ma in una diversa costituzione ? Essa sa, per lunga esperienza, che se contro i nemici deve stare parata a data fissa, contro gli amici deve stare parata a tutte le ore e in tutte le occasioni. Perchè i nostri amici sono sempre così fatti, che non credono mai di mostrarci la loro simpatia altrimenti che difendendo ed assumendo come propri le idee e gli interessi dei nostri nemici. Ed è inutile andare oltre nella ricerca delle testimonianze e delle prove. Per tutte le quali ragioni, del presente e dell’avve-Hire, conviene dunque all’Italia che, al di fuori degli amici e dei nemici, si formi uno stato di diritto, raffigurato sia pure in quella che oggi si denomina la Società delle Nazioni, che le assicuri, moralmente e materialmente, le condizioni di sviluppo dopo la guerra che ha combattuta e vinta. E i nostri Delegati alla Conferenza della Pace, tanto meglio serviranno il paese, quanto più si sforzeranno di creare e concorrere a creare una condizione europea e mondiale — nella quale il buon volere degli amici e il malvolere dei nemici nostri non abbiano mai modo di incontrarsi e coordinarsi, a nostra ingiuria e a nostro danno. — 333 —