E SE NO, NO. Il Congresso di Parigi precipita, ogni giorno più, nell’incoerenza e nella futilità. Doveva ridare al mondo la pace e la sicurezza, per i secoli dei secoli, e non arriva neppure a trovare l’accordo per una tregua provvisoria. Doveva applicare i più puri principi di giustizia e d’umanità, e non arriva ad enunciare uno, di questi principi, che non senta immediatamente il bisogno di distruggerlo con un altro contradditorio, o di eliminarlo con una pregiudiziale. Doveva creare la Carta costituzionale della unità politica e morale delle genti nell’universo, e non arriva a stendere e formulare neppure i più piccoli contratti che servono alle relazioni di buon vicinato e fino a ieri bastava la semplice consuetudine per definire e regolare. Doveva proclamare l’assoluto dell’idea nella vita internazionale, e non arriva infine, dove arriva, che a sanzionare i più industriosi compromessi tra i forti a danno dei deboli, e tra le genti della stessa razza a danno di quelle di razza diversa. Doveva inaugurare metodi nuovi di trattazione e di discussione, ed è finito, per eliminazione, a un piccolo sinedrio di quattro sacerdoti, in paura perpetua contro uno di essi, che vuol fare da Mosè, e che non ha trovato ancora la bacchetta che apra il Mar Rosso e porti all’altra riva i popoli non suoi. Che più ? Doveva rendere impossibili gli intrighi, le corruzioni, — 290 —