strare le terribili difficoltà dell’impresa per parte dell’Italia — e non, a quel che imagino, per parte dell’Austria. Ma tutte le ragioni del non fare non valgono a persuadermi che infine la guerra sia l’arte e la scienza del non fare, e che la guerra insomma stia tutta nel non fare. Tanto più che al non fare ragioni se ne trovano e se ne possono trovar sempre — sebbene, a mio modo modo di vedere, non sempre si dovrebbero ricercar nella guerra. Comunque, e in ogni modo, se nemmeno in tempo di guerra il nostro cauto spirito borghese consente l’elogio del coturno, non credo sia utile e opportuna la esaltazione e la relativa sostituzione della pantofola. Ora, o mi sbaglio, o la politica della nostra guerra nel basso Adriatico crogiola troppo il suo piede in questa calzatura. Ma fuori di casa si cammina male in pantofola. — 28 —