CAPITOLO SECONDO Venezia che è stato dato l’ordine alla Provincia dell’Istria di mandare alla Corte di Ravenna vino ed olio, e invita i Veneziani « che possiedono numerose navi appunto ai confini dell’Istria » e provvedere affinchè essi « portino con rapidità ciò che essa (PIstria) è pronta a consegnare ». Nell’elogio di Venezia e delle sue fortune è detto, fra l’altro, che, nel novero dei vantaggi di cui godono i Veneziani è da notare anche quello di avere una strada che è sempre tranquillissima ; infatti, mentre la via del mare vien chiusa, a volte, dalla contrarietà dei venti, la strada dei fiumi, amenissima, sì apre in qualunque tempo dinnanzi a loro. Le navi dei Veneziani vi camminano, trascinate alle funi... «così che, mutato il mezzo di impulsione, son gli uomini che aiutano, coi loro piedi, le navi loro ». Oltre alle vie fluviali, e in riva ad esse — perchè ogni fiume, là dove non intagli in un canyon la roccia tenera, crea una strada nella propria valle — i Veneziani vedevano confluire attorno alla laguna diverse vie terrestri che conducevano lontano. I profughi di Aquileia e quei giunti da Grado avranno certamente conosciuto la regione per avervi esercitato mercanzia. L’epoca della nascita di Venezia è, infatti, troppo in piena storia perchè si possa credere esagerata la tradizione raccolta da An- nella piena maturità politica, raggiunta dall’aristocrazia veneziana — la concezione della necessità del possesso delle vie di comunicazione dell’entroterra : « Accedit etiam commodis vestris, quod vobis aliud iter aperitur perpetua securitate tranquillum ; nam, cum ventis saevientibus marefuerit clausum,. via vobis panditur peramoenissima fluviorum... Carinae vestrae... tractae funibus ambulant... et condutione mut..ta, pedibus iuvant homines naves suas ». (Dand. Cbron. I, V, X ; pag. io).