150 CAPITOLO QUARTO O. Randi, nel suo bel libro sulla Jugoslavia (i) esprime l’opinione che essi sieno dei Bosniaci emigrati in massa sotto la pressione turca ; però « questi Morlacchi o Maurovalacchi erano l’incrocio, in avanzata slavizzazione, degli antichi Illirico-romani coi nuovi venuti, e conribui-rono ad alterare il carattere nazionale latino della costa adriatica» (pag. 5, ma li confonde con gli «Uskoky» (— transfughi) ai quali Venezia diede ricetto in alcune zone della Dalmazia nel secolo xv. Da alcune relazioni contenute nel Codice Dandolo Ambrosiano si ricava un quadro del carattere e del genere di vita dei Morlacchi agli inizi del secolo scorso. Essi si trovavano « quasi allo stato di natura, senza leggi, nè costituzioni civili, e con li primitivi lor costumi Tartari », e in fatto di mezzi di locomozione erano « ancora al carro, formato da ruote rottonde (sic) a colpi di sola scure, le quali in poco tempo non solo divengono inegualissime, ma persino quadrate : una delle forme più contrarie al girare » (2) ; ignoravano i rudimenti dell’agricoltura, tanto che uno degli scopi dell’incremento dato dall’Amministrazione francese alla coltivazione degli erbaggi e della patata era « acciò il Morlacca ne conosca l’immensa utilità» (3); non avevano sviluppato un artigianato, poi- (1) \m Jugoslavia, Ricciardi, Napoli, 1922, pag. 58. (2) Cod. Dandolo cit, Cart. 146, (« Idea di un piano di difesa per le coste della Dalmazia»). Il relatore, Paolo Artico, attribuisce a Venezia la responsabilità dello stato primitivo dei Morlacchi. Essa li avrebbe lasciati alla loro naturale ferocia e barbarie per farsene una massa bruta di difesa contro i Turchi. - Ibid. (descrizione dei carri) Cart. 157. (« Arti rurali nella Dalmazia »). (3) Cod. Dandolo, Cart. 154 (« Agricoltura »). Cfr. Fortis : « hanno imperfettissime nozioni di Georgica e di veterinaria : ... Gli aratri ... e gli altri strumenti rurali sembrano essere della primissima invenzione » (pag. 62).