l’odio e il dispreizo albanese contro i Turchi invasori; è il racconto geniale di tutti gli eroismi, di tutte le glorie della guerra d'indipendenza. La ter^a parte, composta di XXXII canti, è ispirata ai lamenti, ai desideri, ai rimpianti, alle aspirazioni degli esuli; ivi lo strazio ineffabile di una nostalgia infinita, sposato alla fede più cieca, più costante, nella prossimità del ritorno, nella immancabile felicità della riscossa. La Appendice del Camarda e le Rapsodie del De Rada valsero a destare grande interesse per la nostra 'Patria infelice; poiché presentano pienamente il tipo della nostra letteratura, che, secondo quello che giustamente asserisce il Biom-delli (op cit.), costa di canti nazionali, animali da bellico entusiasmo, intesi a celebrare pubblici e privati avvenimenti, tramandando ai posteri le gesta degli eroi, o descrivtndo i costumi, gli amori e le fazioni del popolo, che ne è ad un t:mpo autore e depositario. Le Rapsodie, che ora per opera tuia vedono la luce, al pari di molte tra quelle scoperte dal De Rada, giacevano dimenticate tra vecchie car- XI te : raccolte con amore, t forse in parte anche ripulite, nella lingua e nel metro, da qualche studioso delle patrie tradizioni d:l secolo passato. Essendo state tramandate oralmente, hanno dovuto, senza dubbio, modificarsi coll'idioma del popolo; epperò, quantunque il contenuto da sé stesso si riveli antico, la lingua è moderna, di base locale albano-sicula, ma arricchita da vocaboli ora caduti in diiuso, o che ci sono conservati da altri dialetti; ed e perciò esente quasi del tutto dall’elemento straniero, che l'influenza delle nazioni circostanti ha latto accogliere nel comune linguaggio parlato. Vi si possono riscontrare solamente alcune parole greche, oramai naturalizzate nella nostra lingua, e qualche lievissima traccia di slave e turche. Il metro è sempre l’ottonario, foggiato, a un di presso, a guisa deli’italiano. La rima manca del tutto, come nelle canzoni tradizionali delle Colonie d'Italia, e nella maggior parte delle greco-moderne; poiché, come asserisce il Camarda (op. cit.), ed è nolo del resto, la rima presso i Greci e gli Albanesi venne introdotta molto più tardi che fra le altre nazioni d’Europa.