VI rianti di parole non esercitano alcuna influenza sopra la retta interpretazione storica dei fatti, e non sono nemmeno apprezzabili sotto l’aspetto filologico, perchè si tratta non di particolarità lessicali, ma di errori di ammanuense, relativamente tardi. Diverso è il caso invece dei documenti notarili (in verità assai scarsi), sopratutto se giunti in esemplari abbastanza antichi. Yien fatto di domandare, se le lezioni migliori (vedi per es. n. 40, 44, 45, 53, 60), che si riscontrano in redazioni più recenti, siano dovute a opera di correzione tardiva, ovvero derivino da una tradizione più prossima all’originale. Testi di questo genere presentano discreto interesse anche dal punto di vista filologico, e ogni cautela è stata posta, perchè non venga meno un materiale, che può esser oggetto di notevoli indagini. Ho indicato le fonti manoscritte, che, a mio parere, sono degne di esser prese in. considerazione. Così per es. nei riguardi della Cronaca del Dandolo non ho creduto di tener conto dei codici posteriori al sec. XIV (e molti altri si potrebbero aggiungere a quelli segnalati dal più recente editore, la sign. Pastorello, nella ristampa muratoriana, a Lei sfuggiti), utilizzando anche la diligentissima collazione, che è in mio possesso, eseguita dal Mon-ticolo sopra il codice Torinese prima della sua rovina. Così per i documenti, che fanno capo al codice Trevisaneo, non ho trascurato le lezioni delle copie marciane compilate da Tomaso Diplovataccio: entrambe le raccolte sono derivate, tra la fine del sec. XV e il principio del sec. XVI, da più antico