— 441 — appunto che l’Albania resistesse alle riforme che le venivano accordate, temendo, a buon diritto, che esse fossero un’insidia per la sua unità e indipendenza e che preludesseso alla sua spartizione. « se così è, egli concluse, perchè l’Italia deve opporsi allo esperimento di concedere le riforme amministrative, oltre che ai tre vilayets di Monastir, Uskyp e Salonicco, anche agli altri due di Giannina e di Scutari? Se la politica europea non ha in Oriente secondi fini, l’applicazione delle riforme deve sembrare un concetto attuabile. E per questo non é necessario che l’Italia debba andar d’accordo sempre e in tutto con le altre potenze ; anzi la differenza d’opinioni può essere utile e feconda. Raccomando dunque al Ministro di studiare se non convenga all' Italia , nel concerto europeo, di sostenere che le riforme amministrative siano estese anche agli altri vilayets dell’Albania, senza distinzione di cristiani e di musulmani, perchè di questa distinzione non vi è davvero nessun bisog’no. Non ho mai capita quella distinzione in affari che non hanno alcuna attinenza con la fede religiosa ! Se questi concetti fossero accolti dal Ministro degli esteri, io sarei più lieto e un po' più tranquillo , perchè non credo che si possano agli Albanesi imporre le riforme in soli tre vilayets, senza g-rave spargimento di sangue. » L’on. Morin si sentì in obbligo di far conoscere che la condotta dell’ambasciatore italiano a Costantinopoli non era stata ispirata da zelo singolare, isolato e inopportuno, perchè si era invece contenuta nella sfera d’azione degli altri ambasciatori; ma egli non giunse con la sua replica a soddisfare nè la Camera, nè il paese, che avrebbe voluto che il governo avesse la chiara visione de’veri interessi italiani e dei mezzi necessarii per garantirli da ogni pericolo e che a siffatta chiarezza di vedute corrispondesse fredda, calma, ma pronta, la preparazione e una saggia e ferma risoluzione al momento opportuno. « Indipendentemente dalla questione adriatica e da quella delle nostre provincie irredente, diceva Ricciotti Garibaldi, l’interesse e il dovere d’Italia la spingono ad avere nei Balkani una politica propria, rispettosa del principio di nazionalità, tendente all autonomia di quelle popolazioni e , nel futuro . alla federazione dei loro stati indipendenti... Francamente , giudicando dalle risposte del Governo lette alla Camera, i nostri governanti non hanno idee chiare in proposito. È doloroso che manchi oggi in Italia un uomo che, come Cavour per la Crimea, sappia imporsi utilizzando tutti gli elementi, e che, con una politica risoluta, sappia portare 1’ Italia al posto dovutole in tutto ciò che riguarda il prossimo oriente. Invece gli atti del nostro governo non sembrano ispirati ad uno scopo definitivo ; ma sembrano brancolare qua e là per imitazione degli atti altrui... Le speranze da vagheggiare sono che il Governo italiano prenda ad imitare l'Inghilterra, la quale ha detto alla Russia:—occupate pure, se volete , Costantinopoli, 56