— 270 — si può ben dire che il Governo austriaco mai permetterà che l’Albania diventi un possedimento italiano. » Poco prima, ispirandosi al programma del « Drang nach Osten » l’Agramer Tageblalt, nel compiacersi che all’ inaug-urazione della nuova linea ferroviaria Gabela-Erzegoviua, con le relative diramazioni, era intervenuto anche il ministro per la Croazia De Czeh, rilevava, e dicea giustificata dalle condizioni politiche, la frase che fu allora pronunziata, che la Croazia, cioè, era da ritenersi come il ponte della monarchia austro-ungarica verso i Balkani. « Per quanto gli avversari e gl’invidiosi della nostra nazione, diceva inoltre, si richiamino alla barriera confessionale che divide i Croati dai popoli balkanici, è evidente che il potente vincolo della comunanza di razza e di lingua unisce noi Croati con la maggior parte di quella popolazioni. Fra gli abitanti della Bosnia-Erzego-vina, della Serbia, del Montenegro e la popolazione serba della Macedonio, e dell'Albania e i Croati, non vi sono differenze ed appena lievi divergenze idiomatiche (!). Solo una politica timida e limitati orizzonti poterono, per un certo tempo, impedire che venisse curato e reso fecondo questo grande tesoro che la Croazia conserva per sè e per tutti i popoli della Monarchia. Però in tutte le nostre sventure ed i nostri dolori non abbiamo dubitato che verrà l’ora in cui ci si ricorderà di un tale tesoro. La partecipazione del Ministro croato all'inaugurazione della nuova ferrovia erzegovese-dalmatina ci offre la garenzia che quest’ora forse è già suonata, e che in ogni modo non è molto lontana. » Anche l’ufficioso ungherese Pester Lloyd, in un suo articolo di fondo, scriveva: « L’occupazione della Bosnia-Erzegovina significa la fondazione d’una solida potenza militare e politica dell’Austria-Ungheria nella Penisola balkanica, annientando le aspirazioni panslaviste in quella T’egione, poiché sarebbe stato ben funesto il permettere un sistema di forza centripeta slava nei Balkani. Una politica austro-ungiierese la quale avesse lasciato che quasi due terzi del suo circuito, cioè dalla Vistola al Mare Adriatico, venisse chiuso da organismi politici slavi, dalla Russia e dai suoi Stati vassalli, sarebbe stata una politica di suicidio. Perciò oggi si lavora con tutto zelo ed attività per rassodare la nostra posizione nella Bosnia-Erzeg-ovina. Non sarebbe però esatto il dire che noi abbiamo qui eretto il perno della nostra politica ' orientale ; ma è certo che qui essa trova uno dei suoi punti di appoggio. » Queste parole ben dimostrano tutto il formidabile lavorio austriaco per neutralizzare l’influenza della Russia nei Balkani, e per potere almeno, come confessava la Wiener Abendblatt, venire a patti, alPoccorrenza, con la Russia, onde dividere pacificamente la Penisola. Certo la stampa di tutto l’impero aveva ben motivo di esprimere la sua gioia, e le maggiori autorità politiche di esso, come il cavalier Witteck, ministro delle ferrovie, il barone Cali, ministro