— 272 - Quasi che tutto ciò fosse poco, a controbilanciare l’impressione esercitata dalla comparsa delle navi italiane nelle acque albanesi, e proprio in sull'inizio del funzionamento celle poste italiane, da Vienna fu dato ordine alle due navi da guerra Carlo VI e Pelikan d’incrociare nelle coste dell’Albania, e poco dopo la Vossische Zei-tung pubblicava il seguente comunicato del Governo austriaco : « Già da lungo tempo a Cettigne si affrettano a stringere buoni rapporti con le limitrofe tribù albanesi e a riconciliarsi con gli Albanesi dimoranti nei lembi di territorio turco ceduti al Montenegro. Questi Albanesi sono per lo più di confessione cattolica e il loro capo spirituale è il Vescovo d’Antivari. Il Montenegro conchiuse, già parecchi anni sono, un concordato col Santo Padre, in forza del quale al Vescovo Milianovich fu affidata la cura d’anime di tutti i cattolici del Principato e gli fu permesso di celebrare la messa glagolitica, in luogo di quella in lingua latina. Con ciò non si è conseguito alcun vantaggio per la popolazione, perchè essa comprende questa antica lingua slava tanto poco, quanto il latino, oltre che in Dalmazia e nell’Erzegovina vi sono pochi ecclesiastici che sappiano leggere i bizzarri caratteri glagolitici. Ma al governo del Montenegro bastava che la messa dei cattolici si celebrasse in qualsiasi idioma slavo ! E gli Albanesi, che non intendono lo slavo, furono dal canto loro contenti di non essere angariati a cagione della loro fede. Ma tra le vicine tribù cattoliche, ancora soggette alla Turchia, questo sistema non ha esercitata alcuna propaganda. Esse visitano bensì i mercati montenegrin di Podgoritza e di Spush, come hanno sempre fatto; ma, alla minima occasione, scorre il sangue, la vendetta richiede i suoi diritti. Conviene riconoscere che il principe Nicola vuole tenere in freno il suo popolo e, per riguardo alla molto fruttuosa amicizia del Sultano, tenta di evitare ogni grave conflitto. Il principe del Montenegro spera insomma che il Sultano, un giorno o l’altro, soddisferà i suoi voti per un arrotondamento del principato sul territorio albanese. Ma questo calcolo sarebbe sempre fatto senza le tribù albanesi, le quali, ci preme di dirlo, non ne vogliono saper nè punto nè poco d’una sovranità montenegrina, e ciò nemmeno qualora l’Italia fosse in caso di appoggiare quest’ idea. Non si dimentichi che la propaganda albanese dell’Italia meridionale non ha accoliti che nelle città della costa e a Scutari, dove le classi commercianti si acconciano anche a dei materiali sussidi del Governo italiano. Ma fra le tribù montanare l’Italia non gode neppure della minima influenza. Ivi non si rispettano e non si seguono che i consigli dell’Austria, e per tutti è meglio così. In caso diverso, l’Italia non avrebbe da guadagnarvi e la Turchia molto da perdere. Certo l’Italia è alquanto agitata dalla sua stampa che dà in ismanie malaticce; ma alla fine, quando anche volesse accontentarsi soltanto dell’allestimento d’un’ammi-nistrazione montenegrina, per ingraziarsi i begli occhi della Regina