— 324 — un popolo possa mig-liorare se stesso senza scuole e senza istruzione. » « L’Albanese, il popolo più antico della penisola illirica, non può assistere indifferente e con i piedi incrociati, al progresso “ al miglioramento degli altri popoli, e non può non adoperarsi e sforzarsi di procedere virilmente e onoratamente nella via del sapere e della civiltà. Bisogma essere del tutto ciechi, per non vedere la necessità delle scuole nazionali; bisogna essere traditori per desiderare che venga trascurato l’insegnamento della lingua albanese. Coloro che vogliono vivere fra le tenebre dell’ ignoranza, senza lingua e senza nazionalità propria, desiderano di preparare all’Albania una morte vergognosa. Moi non dubitiamo punto che gli Albanesi, che fra tanti pericoli e con tanti sacrifici hanno saputo conservare eroicamente il loro nome per lunghi secoli, non vorranno senza indugio prendere in mano l’arma dell’istruzione nazionale, arma fortissima che sola può salvar loro la vita e metterli in grado di far fronte a chiunque voglia snaturalizzarli. È inutile chiedere se il Governo turco vorrà adoperarsi per mettere ostacoli e per toglierci 1’ animo. Disgraziatamente per i turchi e per i popoli che hanno interesse di restar loro amici, il governo turco sempre, ovunque e in ogni cosa, non sa nemmeno quel che si faccia. Pe” conservare sè stessa, la Turchia non ha altro aiuto in Europa tranne che gli Albanesi; a misura che gli Albanesi diventano più forti, l’esistenza della Turchia diventa più duratura. Or come potranno gli Albanesi fortificarsi altrimenti che diventando un popolo indipendente, con lingua e con leggi proprie ? Se poi la cosa si esamina più profondamente, appare evidente il fatto che la stessa Turchia avrebbe dovuto aiutare gli Albanesi a diventare indipendenti. Ma poiché la Turchia non conosce i suoi doveri, noi Albanesi conosciamo i nostri e intendiamo lavorare e progredire senza l’aiuto di essa. Parliamo ora delle condizioni di luogo; gittiamo uno sguardo sopra una carta geografica, osserviamo bene le regioni dove vive la forte razza nostra e paragoniamole con quelle dei popoli vicini. La differenza è enorme. In Albania vediamo delle pianure magnifiche ma incolte; dei fiumi che potrebbero irrig-are il suolo, rendendolo assai più fecondo, e dei quali potremmo avvalerci per trasportare dapertutto i nostri prodotti, che invece sono un pericolo continuo per i seminati e per le vigne, e un ostacolo per il commercio; dei boschi meravigliosi, che potrebbero essere una fonte di ricchezza, i quali però restano intatti e selvaggi, come erano nei tempi primitivi; miniere preziose delle quali nessuno si cura. Non abbiamo vie, non ponti, non sicurezza. Volgiamo ora lo sguardo sulle contrade dei nostri vicini. Quale differenza e quanto povero e selvaggio appare il nostro territorio ! E di chi è la colpa ? La colpa è del Governo turco, che non vuole affatto il miglioramento dei popoli e lascia quindi che deperiscano e