— 312 — austriache e, secondo informazioni che giungevano da parte di Albanesi residenti in Bosnia e in Dalmazia, erano state già chiamate sotto le armi le riserve iscritte nei reggimenti destinati al corpo di occupazione. Tutto questo, cui anche si aggiungeva che agenti italiani istigavano gli Albanesi a prendere le armi contro gli austriaci, spingeva il deputato pangermanista Eisenkolb a presentare alla Camera viennese una interpellanza, non solo sulla mobilitazione preparata in Serbia e nella Bulgaria, ma anche sulla temuta implicazione dell’Austria in una guerra, di fronte ai moti macedoni. Affermava l'interpellante esistere il fondato sospetto che la insurrezione , che temeasi dovesse scoppiare da un momento all’altro in Macedonia, fosse stata macchinata dall’Austria-Ungheria ed attizzata da elementi slavi della Monarchia. Proprio in quei giorni la Neue Freìe Presse annunziava che le Potenze più direttamente interessate ad un assetto pacifico delle diverse questioni balkaniche , dacché il principio della necessità delle riforme era conosciuto, discutevano le misure da adottarsi nei loro particolari, e che, se una conferenza si fosse resa necessaria, questa avrebbe avuto per iscopo l’attuazione di tali riforme entro i limiti dello statu quo e dell’integrità dell’impero ottomano. Aggiungeva inoltre che la Porta, non dubitando della lealtà degli intendimenti dei gabinetti di Vienna, di Pietroburgo e di Roma, era anch’essa compresa dell’opportunità che la questione fosse definita nel più breve tempo possibile, e che quindi parea probabile che non dovesse aver luogo alcuna conferenza; ed infine che, ad ogni modo , 1’ accordo fra le tre Potenze accennate era completo ed unanime la loro decisione di avviare la questione a una propria soluzione, e che quindi erravano coloro che insisteano sulla pretesa antinomia di vedute fra l’Italia e l’Austria-Ungheria, poiché esse in questa, come in tutte le altre questioni, procedeano con pieno e leale accordo.