— 113 — se le cose si fossero protratte a lungo , essi non avrebbero guarentita la tranquillità. Allora Tewfìk pascià, con buoni modi e con ogrni maniera di lusinghe, cercò di persuaderli a fare in guisa che la popolazione consegnasse le armi; ma costoro, nell’atto di ritirarsi ai loro monti, fieramente gli risposero : La armi ci servono per la difesa della nostra libertà; esse sono la nostra forza, e per mezzo di esse noi ci sentiamo in grado di raddrizzare una buona volta le sorti della Patria nostra ! Nè queste furono parole di vana minaccia; perchè ai primi di novembre, mentre in Elbassan, Tyrana, Yallona , Del vino e Ar-girocastro discutevasi apertamente sulle misure da prendere, per ottenere il ritorno degli esiliati e di tutti i perseguitati politici; come pure sul modo di riparare alle tristissime condizioni del-1’ Albania; la Chimarra si ribellava e contemporaneamente scoppiava la rivolta in Giacova, Ipelc, Prisrendi, Gussigne, Kalkandele, Prishtina, Tetova e in tutto il vilayet di Kossovo. Tre mila insorti assediarono Giacova; Prisrendi, cacciate le autorità turche, formava un governo provvisorio; Uskyp, per quanto piena di soldati, era minacciata dai ribelli di Kazanik, che avevano giurato di sterminare tutti coloro che non si fossero uniti ad essi, per abbattere l’autorità del Sultano, ed a Skutari, dai capi del popolo e dei montanari, si facea sapere a Tewfìk pascià che anch’ essi aveano deliberato di mandare dei messi a Costantinopoli, per presentare al Governo un loro memoriale, e che dall’accoglienza che costoro avrebbero avuta all’Yldiz Kiosk sarebbe dipesa la tranquillità della città e di tutto il vilayet. Il Glas Cernagorska di Cettigne calcolava che, estendendosi l’insurrezione, come pareva, anche nell’Albania meridionale; ben duecentomila uomini tra poco si sarebbero trovati in armi; tanto più che i cristiani facean causa comune con i loro connazionali musulmani. Capi del movimento erano Riza Bey di Giacova e Mullia Zeka di Krasnich, ambedue di alta stirpe e veri tipi dell’eroismo proverbiale e dell’energia caratteristica del popolo albanese. La Porta continuava frattanto a mandare sui luoghi dei nuovi battaglioni, che però, a causa della stagione inoltrata, soffrivano grandemente nelle marcie ed aveano sempre la peggio nei sanguinosi combattimenti che avvenivano un po’ da per tutto. Lo Standard,, rilevando la gravità di tali fatti, affermava stranamente che Riza Bey agiva d’accordo col Montenegro; la stampa di Belgrado sosteneva che Mulha Zeka se la intendeva coi Bulgari ; la Kölnische Zeitung accusava di complicità i Serbi ; e la Glas Cernagorska imputava all’Austria la responsabilità di assecondare e di favorire l’insurrezione di tutta l’Albania. Il vero però fu intuito e rivelato dai giornali italiani ed in ispecie dalla Tribuna, la quale scriveva: 15