— 426 — Macedonia, e limitandosi a parlare nella loro Nota dei tre vilayets di Monastir, Uskyp e Salonicco, miravano allo smembramento finale dell’Albania. In vero, giusta 1’ opinione espressa poco dopo dall’ on. De Martino, essa avrebbe potuto diventare il prezzo di tutta una situazione internazionale ; sia perchè la Russia non avrebbe mai permessa alcuna astensione di dominio diretto o indiretto dell’ Austria - Ungheria in Macedonia, rappresentante il porro unum necessarium di tutta la sua tradizione politica ; sia perchè , non essendo da presumersi che nè 1’ una nè 1’ altra di quelle due Potenze avesse rinunziato alle proprie aspirazioni e idealità, per lasciare al caso duna terribile incognita le influenze e gli antagonismi delle loro politiche , il sacrificio dell’ Albania forse avea rappresentato il terreno di una comune intesa, nel caso che la politica dello statu quo non dovesse più mantenersi. Le stesse preoccupazioni esprimeva anche 1 on. Cirmeni, il quale concludeva il suo discorso dichiarando che 1' Italia non avrebbe dovuto a nessun costo permettere che a Yalona sorgesse una nuova Biserta, nemmeno dietro compenso d’ un allargamento del territorio nazionale: trattandosi di vita e di morte e potendo un bis in idem della politica disastrosa delle mani nette mettere in pericolo, non solo le istituzioni, ma anche la sicurezza e l’esistenza della Patria. Nè maggior fiducia verso il Governo e verso il progetto austro-russo dimostrava in quella occasione, con la sua autorevole parola, l’on. Guicciardini; anzi egli, dopo d'aver tratteggiati gl’ interessi politici dell’Italia nei Balkani, e specie in quella parte che prospetta nell’Adriatico, proclamava che 1’ Italia , non avendo alcuna aspirazione territoriale, non avrebbe potuto subire che la costa di levante cadesse in potere d’una grande potenza, mentre invece tutto il suo interesse politico doveva limitarsi a sostenere lo statu quo, o a promuovere l’autonomia completa dell’Albania, e concludeva incitando il Governo a fare dei passi affinchè le riforme fossero accordate anche ai vilayets dell’Adriatico. La risposta dell’on. Morin, per quanto adorna di frasi eloquenti, ma vaghe e generiche, non era riuscita a dissipare nè i dubbii nè i timori, ancor più perchè da essa era facile desumere come la decantata intesa fra Roma e Vienna circa la sicura guarentigia per il mantenimento dello statu quo in Albania, potesse benissimo ritenersi limitata ai soli due vilayets di Scutari e di Ja-nina; e malgrado la promessa che 1’ Italia non sarebbe rimasta inerte e passiva spettatrice degli eventi, se, contrariamente alle più autorizzate previsioni, il corso fatale degli avvenimenti, chei tutti desideravano contenere , dovesse risultare prevalente sugli effetti delle sollecitudini franche, concordi ed energiche delle grandi potenze per la conservazione della pace, e se l’incendio , che si voleva soffocare, dovesse divampare in modo indomabile. In una serie di articoli sul Giornale d’Italia, che poscia hanno fornito argomento e ampia materia per insensati scrittarelli ad'