— 337 — russa. Ora , essendo accertato che Mahmud Pascià non possiede più nè fortuna propria, nè credito personale , è fuori di dubbio che deve ricevere da qualche Potenza europea i ricchi mezzi di cui sembra ancora disporre, e che in gran parte gli servono per i suaccennati tentativi insurrezionali. Possiamo intanto assicurare che in questa questione sono assolutamente escluse la Russia, la Francia e la Germania. Quale delle tre altre Grandi Potenze è allora la protettrice e la mandante di Mahmud Pascià ? Speriamo bentosto di riuscire a saperlo. » Peccato che alla Turchia e all’ autorevole giornale austriaco non fosse allora venuto in mente il nome di Don Giovanni de Aladro, che, nato a Cadice il giorno 8 maggio 1845, dopo circa venti anni di carriera diplomatica , durante la quale era stato insignito degli ordini cavallereschi d’isabella di Spagna, di Bulgaria, di Serbia, di Romania, di Francesco Giuseppe e di qualche altro, nel 1886, tornando a vita privata, si era stabilito a Parigi. La nomina a Presidente della Commissione internazionale delle Ferrovie spagnuole dei Pirenei, ivi non Io rese immemore che un suo antenato, ai tempi di Carlo III, si era unito in matrimonio con una Principessa Kastriota (?), nè impedì che, proprio in quel torno di tempo, egli si sentisse trascinato cosi verso la causa albanese, da acquistare parecchi amici in tal campo, da studiare e da apprendere in un mese la lingua skipa (!), da stabilire di suo un premio annuo di lire mille a chi si fosse reso maggiormente meritevole dell’incremento di essa e del progresso del popolo albanese' « Dopo tutto, scriveva in quei giorni il Lorecchio, non è improbabile, e non sarebbe strano per verità, che un giorno o l’altro S. A., vinta ogni ritrosia, si decida a lanciare la gran parola, con la quale chiami a raccolta tutta la gente di nostro sangue ad essere unita nel gran lavoro di nostra redenzione morale e civile. » E la gran parola, infatti, egli la lanciava il giorno 31 gennaio 1902, col seguente proclama al popolo di Albania : « Fratelli Albanesi! L’ora negra che, con la morte di Skanderbeg, per cinque secoli avvolse la nostra derelitta Albania, ha cominciato a rischiararsi. Iddio ha benedetti i nostri sforzi. I nemici che vi circondano fecero sì che l’Europa si avvisasse che le differenze di religione Vi tengono divisi ed agitati in lotte fratricide continue; che Voi non avete nè lingua, nè letteratura; che non avete diritto alle terre di Macedonia, ma che tale diritto l’hanno i Bulgari, i Greci, i Serbi. Quanto menzogneri i vostri nemici! Voi con un lavoro assiduo, che Vi onora, avete dimostrato al Mondo che Cattolici, Ortodossi e Musulmani, siete tutti fratelli; che un solo sangue avete, che tutti siete figli della diletta e sventurata Albania. Coi libri è coi giornali, che, da Bukarest, da Bruxelles, da Sofia, dall’Egitto, dalle Colonie d’Italia, a mille a mille si diffondono per i vostri paesi e per tutta la Terra, in trent’anni avete dimostrato che la letteratura albanese ha raggiunto tale un’altezza, da com- 43