— 23 — furono guardati con sospetto e con disprezzo, e poscia anche maltrattati, tanto più allorché Odisseo, figlio di Andriscos, che dal-l’isola li avea guidati al campo ottomano, secondo le istruzioni ricevute da Ali, si sottrasse con la fuga. Ma Ismael pascià (Pacho Bey), discolpatosi, per mezzo di danaro, in quel torno di tempo, dell’ accusa assai fondata di dilapidamento delle vettovaglie per 1’ esercito imperiale, di cui faceva mercimonio all’ estero, con la complicità del suocero , per non tirare a lungo la guerra senza alcuna impresa importante, con promesse e con lusinghe, riusciva a far capitolare Veli, Muktar e Salik, figli di Alì, con le rispettive piazze forti di Prevesa , di Argirocastro e di Permei. Costoro si arresero a discrezione, e recatisi a Salonicco, furono trattenuti in ' dorata prigionia dall’ammiraglio ottomano su di una nave. Non volle però arrendersi Mahmud bey, figlio di Muktar, che, a nove anni di età, governava Tebelen. Ricevuta una lettera dal padre che gli consigliava di cedere la città agl’inviati d’Ismael pascià, egli, degno nipote del suo grande avo, obbedendo alle esortazioni di Kainitza, che non avea voluto allontanarsi da Liboovo, radunò in consiglio i capi del popolo e disse loro: Mio padre, i miei zii, i miei cugini, e tutti coloro che il mio avo ha onorati di sua confidenza , lo hanno tradito. Votete voi che altrettanto faccia Mahmud bey ? A tali detti i convenuti, ad alte grida, giurarono di morire piuttosto che abbandonare il nipote del signor loro. La resa dei figli del ribelle eccitò gli animi degli assedianti a tentare l’assalto definitivo contro 1’ isola. Ma a ciò fu sempre contrario Ismael, che non volea compromettere 1’ esito della guerra con un colpo ardito, che certo sarebbe stato fatale ai Turchi; anzi, per liberarsi dai sarcasmi e dalle insistenze di Pehlevan, egli fece avvelenare l’audace bulgaro e, sotto l’accusa di tradimento, ne spedì la testa a Costantinopoli con un milione e mezzo di lire. A lor volta gli assediati fecero una sortita, e fu tale il terrore dei nemici, che Janina fu sgombrata. Nello stesso tempo il Ro-mili-Valìssì, ammirando la fermezza del fanciullo Mahmud-bey, e forse corrotto dall’oro di Kainitza, faceva riconoscere costui come vaivoda di Tebelen, indipendente da Janina. Non è a dire la rabbia d’Ismael pascià, la quale giunse al colmo dopo il rifiuto dei Par-ganioti di ritornare in patria a condizione di riconoscere 1’ autorità del Sultano, e specialmente dopo la defezione di quei di Suli, che, avendo chiesto indarno il compenso promesso del valido aiuto prestato all’assedio di Prevesa, cioè di ritornare liberi e indipendenti ai loro monti, trattarono col ribelle, dal quale ebbero danaro e Hussein pascià, figlio di Muktar, in ostaggio, e nel mese di dicembre si ritirarono in patria , tutta rioccupandola, tranne la fortezza di Kjafa, cha rimase in mano al presidio che vi avea posto Alì. Un’ altra sortita, pochi giorni prima, avea fatto questi in persona a capo dei suoi ; e in un combattimento, che ben è stato definito omerico dal Pouqueville, inflisse a Ismael tale di-