— 94 — zioni ogni giorno crescenti della poveraglia greca, favorite dal governo, e da mille altri mezzi sugg-estivi ed efficaci ! Ciò non ostante, firmato il giorno 18 settembre il trattato preliminare di pace, gli Albanesi a malincuore dovettero cedere alla volontà imposta dalle Potenze al Sultano; ma quarantamila Gheghi, a quanto riferì il giornale Empròs di Atene, respinsero sdegnosamente la decorazione loro accordata in premio del valore di cui aveano dato prova così brillante e si rifiutarono di consegnare le armi. Intanto i diplomatici greci, anzicchè attribuire il disastro a se stessi, alla incapacità ed alla cieca ambizione propria, si diedero ad incolparne il Montenegro, la Serbia e la Bulgaria. Sin dal mese di giugno 1’ Internationale Correspondenz si era creduta autorizzata ad annunziare che il Governo greco avrebbe fatto delle rivelazioni intorno agli accordi che esso aveva con i governi delle suddette nazioni, e che, fino al momento in cui fu dichiarata la guerra, gli faceano sperare di non essere isolato. Si disse che il Re Giorgio aveva diretto ai tre Sovrani delle lettere autografe, dichiarando loro che, in caso di guerra fortunata, la Grecia avrebbe chiesta alla Turchia soltanto la cessione del-l’Epiro e del monte Olimpo, e che i rispettivi governi aveano fatto conoscere in modo confidenziale a quello di Atene che erano pronti a procedere contro la Turchia, mentre dall’altra parte facevano assicurazioni di pace e di neutralità al Sultano e alle Potenze. Si giunse per fino a propalare che il Montenegro non avea nascosto alla Grecia di voler approfittare delle circostanze, per arrotondarsi al nord dell’ Albania, conformemente a quanto aveva voluto dimostrare, fin dal 23 maggio, la Koelnische Zeitung, secondo la quale il Principe ereditario Danilo si era dichiarato pronto a condurre l’esercito a Skutari in otto giorni (!); mentre gli ufficiali chiedeano che si proseguisse più oltre, facendo capo, ad onta dell’Austria, fino a Mostar città della Bosnia. Noi però non vogliamo ricercare per ora quanto ci sia di vero in tutta questa faccenda; solo notiamo che tutto ciò riesce a fornir prove più luminose degl’intrighi di cui sono capaci di farsi promotori i diplomatici greci quando si tratta di recar danno all’Albania; come pure riversa su di essi tutta la responsabilità della disfatta, dimostrando come la guerra fosse stata premeditata a lungo, per quanto a sostenerla, almeno con un certo decoro, non avessero saputo nè potuto in veruna guisa prepararsi. Certo è del resto che, senza mezzi termini, lo Stoilof, presidente del consiglio di Sofia, apertamente ebbe a dichiarare che la Bulgaria e la Serbia da parecchio tempo avevano proposto alla Grecia un’alleanza per ottenere dalla Porta l’autonomia dei popoli ancora soggetti alla tirannica dominazione ottomana e che la Grecia si era rifiutata, pretendendo essa 1’ annessione pura e semplice di tutte quelle contrade; anzi il ministro Karavellow, confermando ciò, aggiun-