malignamente se davvero l’Italia credesse giunto il momento di poter prendere la rivincita dei disastri del 1866. « In quall’epoea, scriveà, l’Jtalia fu favorita da una particolare -fortuna,, poiché, malgrado le sconfitte subite per terra e per mare, ebbe ancora in dono la provincia di Venezia ! Oggi non sarebbe neppur da pensare ad una tale fortuna; Napoleone non vive più, nè esistono più le ragioni che motivarono la cessione di Venezia. L’ unità d’Italia si è fatta ora una realtà; il regno italiano quindi non ha più nulla da chiedere e da ricercare, specialmente nei Balkani ! Gl’Italiani devono cavarsi dal capo certe loro aspirazioni in quelle regioni, poiché noi sapremo reprimerle recisamente, energicamente. Le condizioni di quella penisola richiedono veramente di venir regolate; questa però è una questione che riguarda esclusivamente noi e i circoli direttivi della Monarchia. L’Italia non ha ivi nulla da cercare. Fra l’Austria e l'Italia non vi ha nell’Adriatico alcun interesse che debba, quando che sia, venir regolato. » Secondo i l’uvidi consigli e le ammonizioni dell’ organo croato, i moniti caporaleschi del Reichsmehr, ed i cortesi richiami del Fremdenblatt, l’Italia nella triplice non doveva avere che un posto abbastanza secondario, non essendole permesso altro che l’obbligo di assistere, calma ed inerte, al superbo sviluppo dell’ imperialismo germanico e al processo evolutivo dell’ inorientamento dell’Austria, proprio di faccia alla estesa costa bagnata dall’antico suo mare! I più autorevoli giornali russi frattanto seguivano con simpatia lo svolgersi dell’azione italiana, tendente, alla fin fine, a preservare la costa orientale dell’Adriatico da un’eventuale invasione austriaca ed austro-germanica, e la Novoje Vremja, in un articolo apparso ai primi di agosto, riportandosi all’ invio di navi austriache nelle acque albanesi, diceva che la presenza di una nave da guerra dell’ Austria in quei luoghi, poteva considerarsi come il punto d’Archimede, donde si potrebbero smuovere g-li antichi rapporti di alleanza fra l’Italia e l’impero di Absburgo. « È manifesto che la Carlo VI venne inviata espressamente per sorvegliare la squadra italiana, che trovasi in crociera nelle coste albanesi. In questo fatto quindi si scorge chiaramente un sintomo della gelosia dell1Austria-Ungheria, che venne originata non solo dalla presenza della flotta italiana nelle coste adriatiche della Turchia, ma anche perchè opinasi che, in seguito a tale dimostrazione, l’Italia abbia potuto indurre la Porta a larghe concessioni riguardo all’istituzione di uffici postali e di scuole in Albania. In realtà la dimostrazione della flotta italiana fu soltanto una decora-zione, e la Turchia ha aderito alle pacifiche domande dellìtalia, non già sotto una pressione minacciosa, ma in seguito ad altre considerazioni. L’invio di uno speciale messo del Sultano, con doni al Re Vittorio Emanuele, viene a confermare ciò indirettamente. È da rilevarsi l’importanza della concessione fatta, da parte della Turchia, ad una società italiana d’iniziare un regolare movimento