sfatta memoranda, che forse avrebbe deciso dell’ esito della guerra, se finalmente non giungeva il Romili-Valissì con rinforzi. La diserzione dei Sulioti sconvolse non poco il serasoliiere; fu imposta una enorme taglia sulla testa di Nothi e di Marco Botzari; i cristiani che si trovavano nell’esercito furono sottoposti a violenze d’ogni sorta; si giurò di distruggere tutti gli altri che erano in Epiro, i quali , avvisati a tempo da Alì , cui nulla sfuggiva, si misero in guardia e parte si ritirarono a Suli , di guisa che in breve Nothi fu a capo di tredicimila e cinquecento guerrieri. Marco Botzari quindi s’impadroniva d’una carovana di munizioni diretta al campo nemico e occupava il posto militare dei Cin-que-pozzi. Le vittorie dei valorosi montanari, esagerate e divulgate dalla fama, sollevavano gli animi dei popoli oppressi. Alì, per mezzo di suoi agenti segreti, istigava i Turchi contro i Cristiani, per costringere questi ultimi a ribellarsi; e l’esercito assediante, demoralizzato dalla lunga attesa e dall’inazione, si assottigliava di giorno in giorno per le frequenti diserzioni. I comandanti degli imperiali, sospettando degli stessi Albanesi maomettani, pretesero ostaggi da costoro. Ciò non fece che disgustare ancor più glj antichi vassalli di Alì. Furono fatte pubbliche preghiere ed espia, zioni nel campo turco, cui però non vollero partecipare gli Skjip. tari, i quali intanto altro non faceano che ridere e schiamazzare Ad eccezione del seraschiere e di I)rama-A li, tutti i capi dell’eser-cito assediante erano stati corrotti dall’oro del proscritto; quindi tergiversavano nei consigli e procrastinavano i’ assalto contro 1" isola. Per uscire dall’ inazione, si pensò di scacciare i Sulioti dai Cinque-pozzi, assalendoli d’improvviso. Ma avvertiti da Alì, seppero essi tanto bene difendersi, mercè il valore e l’abilità di Marco Bozzari, che i loro assalitori, in numero di cinquemila, dei quali non uno che fosse albanese, furono dispersi con molta strage, e i superstiti vennero accolti al campo con ingiurie e sarcasmi dagli Skjiptari. Tali rovesci , nonché le notizie della conversione al cristianesimo di Alì Tebelen, per opera di Vasilikji, che non più Alì, ma novello Iskander (Skanderbeg) 10 appellava, il che, a quanto diceasi, gli avrebbe procurati gli gli aiuti dell’Alta Albania, determinarono la destituzione d’Ismael pascià da seraschiere, e in sua vece veniva eletto Kurshid pascià della Morea (nei primi giorni del 1821). In questo mezzo Ismael, che pur conservava sempre la carica di Visir di Janina, indusse 11 consiglio dei capi dell’esercito a chiedere altri ostaggi agli Albanesi. Questi richiesero del tempo per uniformarsi a tali ordini, e pensavano di far tentativi per rientrare nella grazia dell’antico signore che aveano abbandonato, quando pervenne nelle loro mani una lettera di lui, con la quale accordavasi loro il perdono, pur che tutti cooperassero a purgare V Albania dell’ odiosa presenza degli Osmanli. È incredibile la gioia provata dai Toski in quella occa-