— 436 — venuta, una condotta da tenere già prestabilita fra il signor d’ Aladro e i Capi degli Albanesi; se non che, quasi che fosse fatto a posta , i fatti dimostrarono subito e precisamente il contrario. In vero, nel medesimo giorno 30, parecchie centinaia di Albanesi armati, maomettani e cristiani, presentaronsi davanti a Mitrovizza; dove fu loro vietato 1’ ingresso in città, per quanto dichiarassero che non avevano intenzioni ostili, ma che volevano solo esprimere al Mutessariff i loro lagni circa le riforme che tanto nuocevano agl’interessi della patria. Non valsero però a nulla le loro dichiarazioni, poiché fu dato ordine alla guarnigione di sbarrare tutti gli accessi, per cui essi dovettero accamparsi nei dintorni, a cielo aperto. Il lunedì mattina furono invitati con modi burberi ad allontanarsi dall’ abitato ; ma non avendo essi obbedito sollecitamente, il console russo Sherbina, come affermarono il Tempes, la Neue Freie Presse e anche vari giornali di Belgrado, incitò i soldati di Sahib Bey, in mezzo ai quali egli era accorso a cavallo, a fare uso delle armi e a mitragliarli ripetutamente, tanto da farli ritirare con gravi perdite. Di tale incidente si avvalsero gli agenti austriaci, per mettere in esecuzione il piano prestabilito di sopprimere il console russo; si diedero quindi ad istigare maggiormente contro di lui e a spingere alla vendetta gli Albanesi, già abbastanza eccitati e commossi per la strage di tanti loro connazionali, che nulla aveano ancor fatto per giustificare la brutalità con cui erano stati trattati, e tanto fecero e tanto dissero, da raccogliere troppo presto il frutto ardentemente desiderato a Vienna. In fatti, nel pomeriggio di quel medesimo giorno, mentre l’imprudente Sherbina, accompagnato dai suoi cavassi, recavasi a visitare il luogo dello scontro, o le batterie dell’artigiieria turca, come altri disse, un soldato albanese per nomo Ibrahim, al quale vuoisi che fosse stato ucciso un fratello, o altra persona cara lo feriva mortalmente con un colpo di fucile che, malgrado le pronte e affettuose cure prodigategli, lo tolse di vita il giorno 10 del seguente aprile, con indicibile terrore del Sultano e della Porta , memori delle parole da lui pronunziate, prima di recarsi nella fatale residenza: « Se mi assassinassero , suonerebbe 1’ ultima ora per la Turchia ! » Chi ben esamini si accorgerà facilmente che da un fatto così doloroso , con la più meravigliosa virtù profetica annunziato da Vienna parecchio tempo prima, l’Austria si. riprometteva dei vantaggi abbastanza importanti, a incominciare dall' occupazione di Mitrovizza, da essa ambita indarno fino allora, e sulla quale sosteneva, come sostiene, che l’art. 25 del Trattato di Berlino le avea dato un diritto indiscutibile. Essa, in vero, sperava che la Russia, nell’ impeto d’una giustificabile indignazione, le avrebbe concesso ciò cui si era sempre opposta e che sarebbe così venuto il mo-