— 37 — notizia che il generale Ignatieff, con una missione pacifica, partiva da Pietroburgo, ai primi di marzo, per visitare le principali corti d’Europa, con lo scopo di mantenere intatto raccórdo perfetto fra le Potenze. A’ 15 marzo egli giungeva a Londra, dopo d’essere stato a Parigi e a Berlino; ed il giorno 31, dai rappresentanti delle varie Potenze veniva firmato un Protocollo che, se da un lato, per proposta inglese, riconosceva 1’ attitudinè della Porta in favore delle riforme e della pace; dall’ altro, non accennava al trattato di Parigi, del quale costituiva una violazione manifesta, dacché ammetteva l’ingerenza straniera in Turchia, contenendo il proposito espresso dalle Potenze di vegliare, per mezzo dei loro rappresentanti a Costantinopoli e degli agenti locali, sul modo con cui verrebbero adempite le promesse , ed avendo per conclusione la mal celata minaccia che le Potenze si riservavano il diritto di pensare in comune ai mezzi più adatti ad assicurare il benessere delle popolazioni cristiane e gl’ interessi della pace generale, nel caso che le loro speranze restassero ancora deluse; Il Protocollo di Londra fu comunicato da ciascuno degl’incaricati d’affari singolarmente alla Porta, la quale però non si decideva a dare risposte definitive, ed invece tentava d’indurre i delegati montenegrini alla pace, col modificare le loro pretese. Ma la Russia, cui quest’ultima soluzione non poteva garbare, volendo farla finita, il 10 aprile, intimava al governo turco un ultimatum, chiedendo, nel termine di tre giorni, una risposta esplicita; mentre Savfet pascià spediva ai rappresentanti della Turchia all’estero una circolare, datata il giorno 9, nella quale ripeteva che il governo era pronto ad attuare le riforme, ma che respingeva i punti del Protocollo relativi all’ ingerenza straniera, e nello stesso tempo invitava le Potenze a persuadere il Montenegro a mitigare le sue domande. Il giorno 21 il Principe Nicola dirigeva alle Potenze una Circolare, in cui egli diceasi costretto a richiamare da Costantinopoli i delegati mandati fin dal 2 novembre dell’ anno precedente ed a rinunziare ad ogni ulteriore trattativa; non avendo fino a quel giorno ricevuta alcuna soddisfazione. In fatti, fin dai primi momenti del loro arrivo in quella capitale, Bojo Petrovitc e Stanko Radonitc aveano trasmesso a Savfet pascià una nota, con la quale chiedeano per il loro paese il porto di Spitza, fra Antivari e Budua, sulla costa dell’Adriatico, e tre isole del lago di Scutari, oltre che garenzie per il rimpatrio dei no-vantamila erzegovesi rifugiati nel Montenegro e la sistemazione definitiva della tribù dei Kutci. Il 13 marzo il Consiglio dei Ministri ottomani notificò ai delegati il rifiuto formale di cedere Spitza, Spuz e Niksich, proponendo, come concessione generosa, d’aprire al commercio montenegrino il fiume Bojana e consentendo al principato una piccola