— 493 — ricoli di una orientazione italiana verso Pietroburg-o. Questa orientazione era preveduta a Vienna. L’Italia aveva fatto comprendere chiaramente che, nella penisola balkanica, essa aveva interessi non lievi poiché le premeva non alterare lo static quo nell’Adriatico. La Triplice non le dava alcuna g-aranzia per questa parte non contemplata nel trattato, anzi aveva una delle alleate in contrasto con le sue aspirazioni. Occorreva trovare un cooperatore e si sperò trovare sulla Neva chi poteva far argine alle ambizioni austriache. Nel frattempo fu concluso l’accordo austroitaliano per mantenere lo statu quo nell’ Albania, ma le annunziate turbolenze nella penisola balcanica potevano far sorgere da un momento all’altro il caso nuovo che, delineando una situazione non preveduta, rendesse effimera la sostanza dell’accordo. L’assenza dell’ambasciatore austriaco a Pietroburgo, barone Lexa d’Aehrenthal, nei giorni della visita del Re d’ Italia alla Corte russa, fu il primo segno palese del malumore di Vienna Ma l'Austria non si limitò a dispetti di semplice cerimoniale. Gl’ interessi allacciati con la Russia furono tanti, che essa credè di poter disporre oramai dell’influenza russa nella penisola balcanica. Il monopolio della Russia non le era ancora sfuggito. E quando l’Italia, allo scoppiare dell’insurrezione macedone, chiese di intervenire con le due potenze, per ottenere dalla Porta le riforme chieste dalla Turchia europea, trovò la Russia riluttante e l’Austria recisamente contraria. La diplomazia italiana doveva, non ostante le dichiarazioni ufficiali, essere guardinga: il che non fece. Neppure 1' annunzio che lo Zar sarebbe partito dalla Russia per Darmstadt, per Vienna e poi per Roma, la trasse dalla beata tranquillità. Mentre l’ammiraglio Morin era occupato a mettere assieme la famosa Commissione d’inchiesta per la marina, i due imperatori, e i due ministri Goluchowski e Lamsdorf, si ritraevano nella quiete ombrosa dei boschi della Stiria Che cosa fu combinato nel convegno di Mtìrzsteg ? Non è possibile dire. Ma quanto apparve di poi dimostra che mai incontro di sovrani fu più fecondo. I dispacci all’ambasciatore russo e a quello austriaco a Costantinopoli per le riforme indicarono che l’accordo austro-russo era ribadito con maggiore energia. Dopo ciò, che interesse poteva avere 1’ Italia per la politica russa ? Valeva la pena di porsi alla mercè di un Governo esaurito , evanescente, di esporsi a qualche dimostrazione non favorevole, esagerata ad arte da rapporti interessati, di provocare un conflitto diplomatico con l’Italia, di irritare 1' opinione pubblica russa, già punta sul vivo dalle curiose discussioni che da quattro mesi si facevano in Italia? Rimaneva la questione del cerimoniale e si cercò di rimediarvi con la lettera autografa dello Zar al nostro Re. La compiacenza dell’Austria in questa faccenda è dunque spie-