— 235 — abbiano intesa questa verità, che la storie e l'esperienza dovrebbero aver loro insegnata; quando pratichino davvero questa santa legge di fratellanza e di comune difesa, il regno del dispotismo sarà finito per sempre sulla terra. Io , a nome d’Italia , vi offro amicizia fraterna ed aiuto. Uniti combatteremo il dispotismo; uniti muoveremo a redimere gli altri popoli schiavi; e finalmente, troncato l’orgoglio degli Absburgo, ricacciato il barbaro ottomano nei suoi deserti, l’Adriatico sarà da ambo le sponde abitato da genti libere, degne d’intendersi e di amarsi come sorelle. » I progetti di spedizioni g-aribaldine in oriente, come scrive il Canini, darebbero argomento ad una curiosa pagina di storia contemporanea, da quando il patriota siciliano Ug’dulena, per commissione di Ricasoli, propose a Garibaldi di andarvi con buone armi e qualche milione in danaro (1861), fino a quando il nostro eroe, con pochi seguaci, voleva partire da Ischia per la Rumania e di là penetrare in Austria (1864).....In tutte quelle imprese, tranne l’ultima, il successo sarebbe stato sicuro, sarebbe cresciuta a dismisura la gloria di Garibaldi e si sarebbe conseguita la completa indipendenza d’Italia. Immensa era l’aspettazione di quei popoli che dall’Italia, direttamente o indirettamente, aspettavano la loro liberazione. Speravano che avesse per bandiera e supremo principio direttivo di tutta la sua politica il trionfo del principio in nome del quale era risorta... Si stabilirono da per tutto dei Comitati rivoluzionarii e nelle principali città dell’Europa sorsero dei Comitati di soccorso, per accreditare la causa di quelle popolazioni e per richiamare su di essa la simpatia dei popoli civili. Narra il Chiara che molti emissari percorrevano le provincie soggette al Turco, per eccitare gli spiriti; che corrispondenze, circolari, esortazioni si scambiavano fra i vari centri intesi a coordinare gli elementi per lo scoppio di una grande e generale insurrezione, che dalle coste albanesi doveva estendersi fino alle sponde della Vistola, e rileva come un g-rande fermento si manifestasse , sì da far presentire vicino il trionfo dei popoli e la caduta del dispotismo, e come gli Albanesi attendessero con impazienza l’Eroe che avrebbe dovuto mettersi alla loro testa, per dirigerne l’entusiasmo, 1’ inflessibile natura e gli sforzi che avrebbero dovuto cangiare la faccia della Penisola balkanica. Il Gran Re Vittorio Emanuele II era il più fervido propugnatore dell’indipendenza di quei popoli, presso i quali diede incarico di recarsi al Canini, a fine di far accettare dai più caldi patrioti il disegno di una Confederazione, da servire come antemurale non solo contro le prepotenze dell’Austria, ma anche contro le mire della Russia, la quale ultima, come proclamò Cavour alla Camera subalpina nel 1855, ove mai giungerà ad impadronirsi di Costantinopoli e per la chiusura del Bosforo, le cui chiavi saranno in mano dello Czar, a rendere il Mar Nero un lago russo , una specie di rada di Sebastopoli ingrandita in gigantesche proporzioni, diventerà anche padrona del Mediterraneo; mentre coll’ac-