— 67 — quello della Turchia , dalla quale si pretendevano tutti i sacrifica. Aggiungeva per altro di esser pronta a facilitare, come meglio potea, il compito delle Potenze mediatrici. Il giorno 18 giugno i delegati albanesi inviavano da Costantinopoli alle grandi Potenze la seguente petizione telegrafica: « Poiché una conferenza è in sul punto di riunirsi, per esaminare la questione delle frontiere greche, il popolo albanese si crede nel dovere di esporre umilmente le sue vedute e le sue aspirazioni all’ illustre assemblea. Noi rispettiamo i diritti altrui e non reclamiamo, alla nostra volta, che il rispetto ai nostri diritti. Noi siamo ben lontani dal voler mettere innanzi dei progetti a danno dei nostri vicini; ma domandiamo semplicemente che i nostri vicini rinuncino ai loro attentati contro di noi. Prima del Congresso di Berlino, noi abbiamo dichiarate ingiustificabili le mire annes-sioniste della Grecia. Oggi ripetiamo la stessa dichiarazione. Noi protestiamo contro lo smembramento della nostra cara Patria. La perdita dei luoghi così strettamente legati alla nostra esistenza nazionale, come Janina, Arta e Prevesa, non sarà altro per noi che una sentenza di morte. Piuttosto che sottometterci, morremo con le nostre donne e con i nostri fig’li. Il popolo albanese è risoluto di levarsi, come un sol uomo, contro l’alienazione della più piccola parte del suolo nativo. L’Europa è troppo equa per non riconoscere i nostri diritti. Noi facciamo appello ai suoi sentimenti di giustizia, e ad essa lasciamo la cura di risparmiarci le grandi calamità che ci minacciano le pretese della Grecia. Le persone imparziali sanno a quali scopi mirino coteste pretese, malgrado i mille raggiri sotto i quali vengono dissimulati. » A dir vero le ingiuste pretese di espansione della Grecia furono allora ridotte di molto, ma non per questo fu meno grave il dolore degli Albanesi, per conto dei quali indarno recossi a Costantinopoli Abdul bey, nel mese di settembre, per convincere il Governo turco a non firmare gli atti della Conferenza di Berlino. L’illustre patriota si trattenne ivi fino a tutto novembre, adoperandosi a tutt’uomo per riuscire nell’ intento; ma a nulla valsero le sue brighe e i suoi tentativi, anzi addì 25 dello stesso mese, mentre egli supplicava il Sultano in persona affinchè non acconsentisse alla partizione iniqua dell’Albania, vide entrare d’improvviso nella sala il segretario privato di costui, il quale, ad alta voce, lesse il seguente telegramma di Dervish pascià: « In nome della sempre vittoriosa maestà dellTmperatore, oggi sono entrato in Dulcigno; domani consegneremo questa città al Montenegro ». Si dice che, a tale lettura, Abdul bey, con le lacrime agli occhi, non avesse potuto frenarsi daH’esclamare con amara ironia: « Il Signore possa concedere ancora molte di queste grandi gesta al-l’Imperatore e a Dervish pascià ! » Quindi egli ritirossi, e partito da Costantinopoli, si ridusse a Prisrendi.