— 205 — Nel 1454, per l’impresa di Belgrado (Berat), il Kastriota richiese aiuti al Re Alfonso, per lettera portata da Paolo Cuccia, Nicolò Erisi Giovanni Periato i quali, a dire del Summonte, ripeterono a lui le profferte di assumere la sovranità dell’Albania, che questa volta vennero accolte volentieri ; mentre sta in fatto che ciò avvenne molto tempo prima, come abbiamo dimostrato In quella occasione però, avendo Alfonso disposto che tosto partissero per l’Albania i richiesti aiuti, Arianite Thopia Golemi, Giorgio Stresio e Giovanni Musacchio , consanguinei i due ultimi e suocero il primo dell’ eroe, in base ai trattati sopra riferiti, si recarono a Napoli a rendere omaggio all’Aragonese, in nome proprio e di tutti gli Albanesi, e al ritorno ottenevano cinque cannoni di assedio del maggior calibro allora conosciuto, tredici più piccoli da montagna, con relative munizioni e con buon numero di artiglieri, oltre che vettovaglie, forti somme di denaro e mille fanti, tra archibugieri e balestrieri, al comando del predetto Raimondo D’Or-tofa, cui fu conferito il titolo di Viceré e luogotenente in Albania, coll’obbligo di dare a Skanderbeg un cospicuo assegno annuo sulle saline da farsi nel Capo Aragona. Non minori aiuti ricevette Arianite, per la difesa del castello di Crepacore, e così pure, come aiferma il Summonte, Giorgio Strezi, Giorgio Musacchio, Giovanni Musacchio Thopia ed altri baroni e capitani, sicché « con questa provisione, quella provincia si pose in buono stato di difesa, sotto il valor grande di Scanderbeg, il quale diede autorità a Raimondo sudetto di poter battere moneta in Croia. » Il 21 luglio 1455, Alberico Maletta, consigliere e oratore di Francesco Sforza Duca di Milano, scriveva da Napoli al suo signore che il Re Alfonso si lamentava e diceva assai male dei Veneziani molto altamente, per averlo « ingannato e tradito et factogli spendere « molte centinara de migiiara de ducati » e per avergli in quel torno di tempo « tolto uno navigio carico di victuaglia, lo quale « luij mandava in Albania per soccorso di quelle soe terre. Al 28 agosto dello stesso anno, il Re consegnava a Giovanni Catalano, contestabile dei balestrieri e dei fanti, uno stendardo di taffetà verde, con frange di seta bianche e verdi, e altre quattro bandiere, con le armi di Aragona, a fra Giovanni Chiaviero, per portarle in Albania. Così con le cedole della R. Tesoreria, in parte pubblicate nell’Archivio storico di Napoli e quindi messe in luce in tutta la loro integrità nella lodata opera del Cerone, siamo in grado di provare inoltre che, il 14 febbraio 1456, venivano dati a Giovanni De Soto, contestabile dei balestrieri, 208 ducati per paga sua e di tredici balestrieri che militavano nelle parti di Albania « en sou et servry del dit senyor Rey, per resistir e fer la guerra al Turch; » che, il 18 marzo, altri 270 ducati furono pagati a Gisberto Rafon, anch’ esso contestabile dei balestrieri, per soldo suo e di quindici mercenarii e di una « lancia que deu « tenir en servey del senyor rey en les parts de Albania » allo