— 588 — craticamente, perdette ogni forza, cadde in completa anarchia, divenne preda degl’intriganti e dei vicini, finché poi soggiacque al potere di Roma. Cosi anche, in tempi a noi più vicini, fu precisamente sotto l’immortale Giorgio Kastriota Skanderbeg, Epiri et Macedoniae rex, come viene appellato comunemente-intendendo per Epiro tanto l’Iliiride quanto la Bassa Albania, cioè il nuovo e l’antico Epiro;-Epiri et Albania e princeps, come lo dice il Re Giovanni d’ Aragona, Principe invittissimo degli Albanesi, come lo proclamò Aria-nite Thopia, come la storia lo riconosce, Princeps Emathiae, Rex Albaniae, Rex Epiri, come da sè stesso era solito di qualificarsi ; sotto di lui che, con le virtù singolari e col valore incomparabile, seppe imporre unità di pensiero, concordia di volontà, sacrificio di obbedienza a tutti i signori feudali del paese e a farsi riconoscere, anche con la forza talora, come il solo che fosse legittimamente investito della potestà suprema in guerra e in pace, 1 Albauia potè opporsi per molto tempo vittoriosa all'iuva-sione ottomana, riacquistare la libertà , vivere di vita propfia e diventare il baluardo dell’Europa cristiana occidentale, che però cieca e discorde, abbaudonola alle sole sue forze , ad eccezione del Regno di Napoli ed anche della Repubblica di Venezia, per cui soggiacque in fine, dopo lunga e gloriosa lotta. È vero che le antichi genti illiriche, macedoni ed epirote, dopo la distruzione dei rispettivi regni da parte dei Romani, poterono sussistere a mantenersi libere nei cantoni montuosi, sparsi in piccole comunità, come accenna anche Strabone, senza alcun legame tra loro, con governi abbastanza semplici ed elementari, quali erano possibili in tali condizioni infelicissime; è vero altresì che nella guisa medesima, e su per giù nelle stesse regioni, fino ai nostri giorni, le moderne tribù montanare albanesi sono riuscite a sostenersi quasi indipendenti e senza alcuna soggezione della Turchia ; ma non è men vero che le tradizioni alle quali altri, per fini patricidi tenta di appigliarsi, costituiscono la debolezza e non la forza dell’ Albania come nazione , come fu anche riconosciuto dalla Leg’a di Prisrendi. « Tutto che dotati d’ing-egno, animati da spirito indipendente, insigni per bravura incomparabile, gli Albanesi, scrive il Camarda, dopo il mille dell’era volgare, come g-ià i loro antenati dell’evo antico, certo per l’eccessivo sentimento personale e municipale, e per l’intolleranza di disciplina, non seppero mai unirsi in un corpo solo di nazione; ed oppena la temporanea prevalenza di un re o principe, o qualche passeggera federazione tra Illiri e Macedoni, o Epiroti, o tra soli Epiroti contro i Romani, e nei tempi di Skanderbeg fra Gheghi e Toski contro i Turchi, potè per poco riunire le forze della nazione a sostegno della propria salvezza politica. Quindi è che non solo per esser nazione piccola di numero, ma per le accennate ragioni ancor più, spetta agli Alba-