— 90 — ana partita suprema i beni e la vita dei loro concittadini, le sorti e l’avvenire della patria. Non è qui il caso di seguire nei suoi particolari l’azione vertiginosa che si svolse ad un tempo nella Tessaglia e nell’Epiro; solo accenniamo che, dopo l’arrivo a Larissa di S. A. R. il Principe ereditario Costantino, Duca di Sparta, prima della dichiarazione di guerra e quando Edhem pascià riceveva ordini di limitarsi alla vigilanza della frontiera, senza rispondere alle piccole provocazioni; d’improvviso, il giorno 9 aprile, circa tremila greci occupavano le alture di Krania, distruggevano il piccolo forte di Baltino e bruciavano i corpi di guardia di Phomca, Kipli e Strunga, tutti oltre il confine. Costretti a ritirarsi, ritornavano alla carica il giorno 16 e venivano di nuovo respinti presso Ne-zero, a Menexe, ad Analapsi e in altri luoghi. In base a fatti così gravi e per le sollecitazioni telegrafiche di Edhem pascià, che da Elassona dichiarava di essere costretto ad iniziare le ostilità, anche perchè impotente a frenare oltre i volontari Albanesi, la Porta, nella notte del 17-18, rompeva le relazioni diplomatiche colla Grecia e le dichiarava la guerra. Il giorno 19 1’ esercito del Sultano prendeva alla baionetta le posizioni da Meluna a Turnavo, e mentre un distaccamento greco, sbarcato nella baia di Leftar, veniva sanguinosamente messo in fuga, nell’atto di distruggere la ferrovia Salonicco-Dedeaghatsch, la squadra dell’ Egeo bombardava Platamona sul golfo di Salonicco, senza osare un colpo di mano su questa città. Il giorno 21 i Greci sono respinti fino a Ligaría; il 23 abbandonano Mati e si ritirano a Turnavo, donde corrono a Larissa, che abbandonano senza colpo ferire il giorno 25, rifuggiandosi a Farsaglia. Quindi anche Yelestino capitola, Volo viene sgomberata e l’esercito turco, dopo d’essersi impadronito delle artiglierie, delle fortificazioni e di tutti gli approviggionamenti, che ivi si trovavano, il giorno 4 comparisce sulla storica pianura. Quivi gli Albanesi, come scrive Enrico des Houx, con la effusione del proprio sangue affermarono ancora una volta i loro diritti alla libertà ed all’integrità della loro patria, poiché prendendo parte decisiva in quei combattimenti, non lottarono per consolidare la potenza del loro dominatore, ma per prevenire un nuovo smembramento del loro antico territorio. La battaglia s’ingaggiò il giorno 5 e l’indomani i Greci riti-raronsi a Domoko, dove, al loro arrivo le botteghe tutte si chiusero, e gli abitanti se la svignarono. Ivi li raggiunse, dopo cinque giorni, Ricciotti Garibaldi, con circa seicento volontari italiani, fra i quali i deputati Fazi e Fratti. Presa Farsaglia ed occupati ottanta villaggi dei dintorni, 1’ esercito turco marcia trionfalmente contro il nemico, il quale il giorno 17 si mostra deciso di resistere ad ogni costo. Vana parvenza dovuta valore degli emoni e a quello dei Gari-