— 95 — geva a Franklin Buillon, che quando le cose precipitavano , il governo di Atene cercò l’amicizia dei Bulg'ari, ma indarno, perchè questi non vollero prestargli ascolto, tanto più che aveano data la promessa di neutralità. Ma la guerra giovò immensamente a far ricredere e convertire alla verità i filelleni più ostinati, poiché tutti allora da una parte videro con i propri occhi la vanità delle pretese espansioniste che si alimentano in Atene, e gl’italiani in ispecie poterono provare, dall’altra, e in modo assai doloroso, gli effetti più brutali della propria credula ingenuità. Ciò spinse l’on. De Felice a farne vivacissimo rimprovero allo stesso presidente del Consiglio on. Rallis, e determinò il generale R. Garibaldi ad allontanarsi dalla Grecia con tanta fretta, da minacciare per fino d’impadronirsi di due incrociatori, se mai avessero tardato di apprestargli i vapori che gli occorrevano per il rimpatrio dei suoi volontari. Ma già gl’italiani, prima di recarsi a spargere il loro sangue in estranee regioni, avrebbero dovuto ricordare che Spiridione Tricupis non avea fatto un solo cenno, non avea avuta una sola parola di lode o di compianto per Santorre di Santa Rosa, nella orazione funebre letta in Nauplia per i morti di Sfacteria, nel 1824; nè che il principe Maurocordato non si era nemmeno degnato di rispondere a Victor Cusin, il quale pregavalo che, in memoria di tant’ uomo, fosse eretto almeno un piccolo ricordo marmoreo sul luogo della sua morte gloriosa, come poi fu fatto, non già da qualche greco, ma dal colonnello Fabrier a propria spese ! Ritornata la pace, parve che gli uomini politici della Grecia, rientrando in se stessi, con la perdita delle vane illusioni, avessero finalmente compreso come gli Albanesi, per dirla con la Liga romania di Bukarest, non intendano servire affatto di materiale bruto alle ambizioni panelleniche, nè in Epiro, nè in Macedonia, nè altrove. Già prima ancora che avessero tentata così impreparati la sorte delle armi, il colonnello serbo Becker, assai addentro nelle cose balkaniche, per invito del console generale ellenico in Napoli, l’ottimo dottor Typaldos, aveva scritto al loro ministro degli esteri una lunga lettera che, appunto perchè piena di buoni consigli e di migliori considerazioni politiche e militari, non era stata ritenuta forse meritevole di una ben che minima attenzione. In essa, fra le altre cose, si legge: « Le relazioni fra greci e albanesi, iniziate sotto gli auspici della guerra d’indipendenza, perdettero a poco a poco la loro cordialità, ed oggi sono divenute francamente ostili, almeno per ciò che riguarda la grande maggioranza del popolo albanese. Questa maggioranza accusa tanto il Patriarcato ecumenico, come la Grecia libera, d’aver lavorato a snaturare gli Albanesi, così nel regno ellenico che nell’Epiro...