Certo egli macchiò la sua fama di gravi delitti; fu simulatore e dissimulatore senza pari, tanto da sostenere nello stesso tempo, come dice il Gervinus, la parte di vassallo fedele al cospetto della Porta; di musulmano ortodosso coi Turchi; di liberale coi Greci; di giacobino coi Francesi; di fido camerata cogli Shkjiptari. Egli era insomma, a quanto afferma chi lo conobbe da vicino, turco coi Turchi, dei quali carezzava i più fanatici; panteista coi Bektashi; cristiano coi Greci, insieme ai quali beveva alla salute della buona Vergine. Ma un gran pensiero lo agitò per tutta la vita, l’indipendenza dell’Albania; sicché, salito dal nulla a gradi elevatissimi, non badò a mezzo, pur di riuscire nel nobile fine. Gli giovò non poco lo stato quasi anarchico del paese, che pur era valso a mantenere fra gli Epiroti lo spirito guerriero e a tenerli in guardia continua per la conservazione della libertà, di cui sono stati in ogni tempo oltremodo gelosi. Fin dalla prima infanzia dimostrò carattere intraprendente ed irrequieto, ed ancora imberbe, fuggì di casa e diedesi a scorazzare per l’aperta campagna, preferendo, alle mollezze dell’harem, la vita libera su per i monti, fra le nevi e in mezzo alle boscaglie. La madre , della quale egli spesso diceva di essere due volte debitore della vita, perchè lo aveva fatto prima uomo e poi visir, gli apprestò i mezzi per raccogliere una piccola mano di Toski, perchè la vendicasse degli abitatori di Hormovo che, insieme ai Kardikioti, allorché ella prese le armi per sostenere, alla morte del marito, i diritti dei figli; non contenti d’averla battuta e fatta prigioniera, avevano avuto l’imprudenza di violarla, prima di restituirla a libertà mediante una taglia addirittura esagerata. Ma vinto a Hormovo, si ridusse fuggendo a Tebelen , dove la fiera donna lo accolse con ogni sorta d’ingiurie e gli porse quindi una conocchia dicendo: Va, o vile, a filare con le donne; a te, meglio che quello delle armi, un tal mestiere si conviene! Cadde quindi nelle mani di Kurd pascià signore della media Albania, ma tosto rilasciato libero, in grazia della giovinezza e della sua maschia beltà, diedesi a fare amici, ad apprestar servigi ai vicini, tanto da esser ritenuto in breve uno fra i più ragguardevoli Bey del paese e da riuscire ad ottenere in moglie, all’età di 24 anni, la vaga Emina, figlia di Capelan pascià di Argirocastro. Capelan aspirava di rendersi indipendente dalla Porta, e quando, per opera della Russia l’Albania fu in sul punto di sollevarsi e i Chimarioti incominciarono a spargersi minacciosi per la Mu-sakjea, sì che il Divano si vide costretto a reprimere con le armi la rivolta imminente; egli, invece di unirsi a Kurd pascià di Berat, pur non facendo causa comune coi ribelli, per i consigli di Alì, attraversò con tutti i mezzi le operazioni dell’esercito musulmano; tanto che fu preso per ordine del Sultano e decapitato a Monastir. Tentò Ali di succedere al suocero nella carica; ma ne fu in sua