— 381 — però che, come la Bulgaria era in obbligo d’impedire che la materia infiammabile fosse trasportata in Macedonia, così la Turchia era nel dovere di rinunziare al suo contegno passivo, concedendo abilmente qualche riforma amministrativa, che certamente sarebbe valsa a consolidare l’organismo dello Stato turco, procurando ad essa la gratitudine popolare. Pare che allora tutte le grandi Potenze, allarmate anche dai preparativi bellicosi dell’ Austria in Bosnia e nell’ Erzegovina, e della Russia nella Bessarabia , avessero fatto comprendere alla Turchia che esse erano pronte ad intervenire nei Balkani , qualora la calma non fosse stata ristabilita nel termine più breve, e che la Porta avesse risposto di essere in grado di soddisfare il loro giusto desiderio. In fatti, Eyub Pascià avea già dislocati i suoi cinquantacinque mila uomini nei varii punti strategici e pericolanti, in caso di rivolta; altri centomila ne venivano mandati sui luoghi subito dopo, con ordini tassativi di agire senza misericordia , e per giunta indiceasi nel contempo la chiamata sotto le armi di novantamila riservisti. Tali provvedimenti furono interpretati come una dimostrazione contro la Bulgaria, per cui si credette che il Presidente del Consiglio Daneff, recandosi a Pietroburgo in quei giorni, avesse avuta la missione di sollecitare la protezione russa, in caso di conflitto, e di ottenere la solidarietà della Serbia, come si pensava in Turchia, anche perchè Sarafoff, durante la sua permanenza a Belgrado, era riuscito a mettersi d’ accordo con i capi della propaganda serba, e a far ivi costituire un Club macedone, col fine di procedere d’accordo col Comitato di Sofia. Anche in Austria si pensava la stessa cosa; per quanto molti giornali affermassero che Daneff era stato già avvisato dell’intenzione della Russia di non voler sostenere per nulla la Bulgaria, non essendo essa disposta ad intraprendere alcuna iniziativa, senza il preventivo accordo di Vienna. La Gazzetta di Pietroburgo, pur notando che ottimi sotto ogni riguardo erano allora i rapporti fra Bulgaria, Serbia e Montenegro, per bocca dello stesso Daneff, negava qualunque importanza politica a quel viaggio, che non ebbe altro scopo, a quanto si potè constatare poco dopo, che quello di stabilire le modalità della visita di S. A. R. il Principe alla Corte russa; mentre i fatti dimostrarono anche al più presto che 1’ intesa serbo-bulgara era un parto della fantasia turca e di quella austriaca; poiché mancò poco che non si venisse ad una grave rottura diplomatica fra i due Stati, in occasione della nomina del serbo Monsignor Fir-miliano a Metropolita di Uskyp. Notiamo qui, a proposito, che pressioni d’ogni genere furono esercitate a Costantinopoli contro la consacrazione di costui, anche da parte della Germania, e che lo stesso Esarca minacciò di dimettersi. La stampa dei due paesi, con articoli violentissimi, influiva ad eccitare maggiormente gli animi; di guisa il dottor Giovanni Gaja , ambasciatore serbo a