— 338 — petere e forse da superare quella dei Serbi, dei Bulgari ed anche dei Greci moderni. Voi avete dimostrato che soltanto la tolleranza accordata alle scuole straniere e gli ostacoli a voi frapposti, contrariamente alle leggi dell'impero, hanno potuto ingenerare Terrore iniquo che si propaga riguardo alla Macedonia e ad una parte dell’ Epiro. Uniamoci quindi nella santa opera contro le scuole straniere, che ci disonorano; lavoriamo tutti , ognuno secondo la sua capacità e secondo i suoi mezzi, per diffondere in tutte le città, in tutti i villaggi dell’Albania, il leggere e lo scrivere nella nostra lingua; lavoriamo tutti, anima e corpo, per fondare nelle nostre terre la Scuola Nazionale, di contro alle scuole straniere, ed allora potremo dire che il raggiungimento del nostro scopo si avvererà. Fratelli Albanesi! Il nome diKastriota (?!) che io mantengo alto ed onorato, m’impone grandi e sacrosanti doveri; in questo nome è stata scritta tutta la storia della gloria albanese; in questo nome si legano cinque secoli di lutto. Comprendo quanto gravi siano questi doveri innanzi a Voi, innanzi al Mondo civile; ma con l’aiuto del Signore e con l’aiuto vostro, ne assumo tutto il peso. Umile servitore dell’Albania, nato in una terra straniera, per la sventura che costrinse all'esilio il mio Reale Antenato (?!), il signor Giovanni Kastriota, figlio di Giorgio Kastriota Skanderbeg, giorno e notte non ho altro nel cuore e nella mente fuor che la Vostra condizione di vita; i Vostri dolori sono i dolori dell’animo mio; le aspirazioni Vostre sono le aspirazioni mie. Le diplomazie di Europa non si turbino, perocché l’opera nostra è opera di pace. Noi non abbiamo brame inique; noi non vogliamo togliere la roba altrui; noi vogliamo una Patria, come l’hanno tutti i popoli del Mondo. Fratelli Albanesi! Il nostro grido è « il Signore con noi! » , il glorioso nome di Skanderbeg è la nostra sacrosanta bandiera ! Con questo grido sulle labbra, all’ombra di questa bandiera, uniamoci tutti Musulmani, Ortodossi e Cattolici. Io, umile servitore della Gran Patria Albanese, domando l’onore di combattere accanto a Voi le sante battaglie pel risorgimento del nostro sangue! Oh prodi! Oh Albanesi!—Giovanni. » La promessa, anzi la sicurezza che il sole dell'Albania auguroso e benefico risplenderà fra breve, l’accenno al Reale Antenato, la assunzione del grave peso derivante dai doveri connessi al nome di Kastriota, la firma consistente nel solo nome puro e semplice, ed altri piccoli e trascurabili elementi , che qualcuno potrebbe andar rilevando da tale Proclama, come pure il tono del medesimo e le chiacchiere di giornali e di riviste, non sono per nulla sufficienti a far ritenere quel documento come il grido di un Pretendente qualunque, nè di uno fra i tanti così detti Re in esilio, che si accinga alla riconquista d’una corona, per lo più irreparabilmente perduta; tanto è vero che Don Giovanni non si dice altro che un umile servo dell’Albania; quantunque altri, sempre mali gnamente, possa far osservare che anche il Papa si dichiara Ser