— 372 — loro che erano stati fatti prigionieri. Disordini g’ravissimi avvennero inoltre a Novi Bazar, a Mitrovizza e a Prishtina: di guisa che Shenasi Pascià, temendo che la violenza nella repressione potesse produrre un effetto contrario al fine che egli si proponeva, ricorse ad un’astuzia e promise sul suo onore che Adem sarebbe stato processato e punito severamente. Ciò valse a far subentrare una relativa quiete; però le bande, composte di circa duemila individui, rifiutarono di sciogliersi e di deporre le armi ed ac-camparonsi all’aperto, dando però la parola di non provocare più alcun disordine, fino all’esito del giudizio. Immediatamente da Costantinopoli si divulgava la notizia che l’ordine era stato ristabilito ! Nello stesso tempo gli abitanti del distretto di Berat solleva-ronsi, chiedendo una sensibile diminuzione delle enormi tasse che li gravavano e la sostituzione di tutti i funzionari civili e militari ritenuti indegni, con altri di origine albanese; cosi pure quelli di Filiates, stanchi delle vessazioni del Vali di Jauina, assalirono il Ivonak, uccisero parecchi gendarmi, ne ferirono gravemente il comandante, tagliarono le comunicazioni telegrafiche e diedero la libertà ai prigionieri. La stessa città di Berat, e Paramithia, Val-lona ed altri luoghi erano in grande agitazione. Si tentò da Janina di mandar truppe; ma queste, non essendo pagate da varii mesi, rifiutaronsi di marciare. Da Vienna e da Atene si segnalava che la situazione era gravissima e minacciosa in tutti i distretti albanesi, specie a Berat e a Vallona; che le autorità erano impotenti; che il brigantaggio andava sempre più accentuandosi, e che la gendarmeria era insufficiente e inabile affatto a mantenere in freno le popolazioni. Secondo il Daily Chronicle, gli Albanesi non voleano più saperne della Turchia, tanto che l’Austria e la Russia, per mezzo dei loro ambasciatori a Costantinopoli, non perdettero tempo e lavorarono assiduamente a raggiungere ciascuna i propri fin . Da qui rimostranze continue e insistenti al Sultano da parte di Zinowieff, che giunse per fino a minacciare un intervento armato della Russia in Armenia e dell’Austria in Macedonia; per cui anche l’Inghilterra non si astenne dal far notare alla Porta che era tempo oramai di provvedere all’Albania, a scanso di gravi complicazioni internazionali; tanto più che tutte le Cancellerie europee, ad eccezione della tedesca, aveano dei continui scambi di vedute sull’argomento. Il Governo turco allora, invece che alla propria insipienza e cecità, si permise d’attribuire la colpa alla Bulgaria, come rilevasi dalla sua nota di risposta del 20 marzo, ed ebbe 1’ ingenuità di dire che gli Albanesi subivano l’influenza di Sofia, il che determinò anche la Grecia ad inviare una Nota alle Granài Potenze, per suggerimento dell’ Austria, la quale da ciò intendea cavare un appiglio diplomatico per la ripresa in esame delle condizioni