— 52 — suadere il Pascià di non arrecare offesa alla Shkjiperia, che fino allora si era mantenuta fedele al Sultano. Ma vedendo costoro che perdevano parole indarno, levaronsi ed uscirono. Allora fra Pietro fa introdotto; ma prima ancora che avessero detto: « chi sei e come stai ?» la casa fu invasa dal popolo, il quale chiedeva: Costui che cosa è venuto a fare qui ? Ma Abdul pascià si fece innanzi dicendo: Perchè qui dentro tutto questo schiamazzare? Dissero gl’invasori: Vogliamo quell’uomo, chè ci dica perchè egli sia venuto. Soggiunse Abdul pascià: Voi ben mi conoscete; io non tradirò già costui!—Baram Agà, Sacer Agà e Hassan Agà spinsero fuori quella gente con le buone. Ma chiuse le porte, fuori avvenne un tumulto, e fu fatta una scarica di fucilate contro la finestra della ' càmera dove stava Mehemet Alì. In tutta Giaco va sparavansi dei fucili. Allora Mehemet Alì scese nel giardino: « Aprite la porta. Che cosa pretendono costoro ? Non avranno certo la pretesa d’impaurirmi con latrati dalla via. » Ma Abdul pascià lo prese per il braccio e gli mormorò all’orecchio: « Via, andiam dentro; tu non conosci di che cdsa siano capaci ! » Poi ordinò ai soldati di non far fuoco, se prima qualcuno in casa non fosse ucciso, o ferito. In tanto i vecchi della città si interposero e fu fatta la tregua fino al sorgere del sole. La mattina, fra Pietro e Toni di Praka uscirono dal palazzo travestiti e in compagnia d’un uomo di Hassan agà. Venuto il lunedì, la tregua si prolungò fino alle due antimeridiane del seguente giorno. Intanto Mehemet Alì mandò Hassan agà a Filjesvish in Cossova, per prendere la ferrovia e recar nuove a Costantinopoli, e nello stesso tempo, per telegrafo, domandò truppe da Prisrendi. Tornato Hassan agà, obbedendo ai nobili sentimenti del cuore, non volle rientrare nel palazzo di Abdul, nè unirsi contro costui a’ compagni della Lega; ma ritiratosi in casa, non ne uscì più. Alle nove del martedì giunse in Giacova un battaglione di soldati ; ma poco prima che entrassero nella città, qualcuno uscì loro incontro, giacché molti fra costoro erano skjiptari, e domandò se ne sarebbero venuti altri, e avendo saputo che no, disse: « Or che cosa volete voi fare ?» « Ma noi certo non combatteremo fratello contro fratello ! » Presero quartiere nel campo di Baram pascià; ma ivi furono assaliti da quei di Giacova, di Reka, dai Montanari e* da alquanti d’Ipek, e disarmati, furono costretti a ritornare a Prisrendi. In questo mentre Abdul pascià e Baram agà mandarono pel contado e per le case degli amici chiedendo uomini. Accorsero alcuni maomettani e una trentina di cristiani della Funda, giovani valorosi quant’altri mai. Verso il mezzogiorno, giunse in Giacova, da Novasele, Hoshi di Nuri, ed essendo passato dal palazzo di Abdul, fu veduto da Baram agà che stava alla porta. « E dove vai tu ?» — « Mi reco in Chiesa ». « — Ma la Chiesa non ha bisogno, mentre io qui ho bisogno di te. » — « Baram agà, conviene che io vada. » — « Or io so bene perchè tu vuoi