— 114 — « L’agitazione in Albania potrà, per le speciali condizioni del momento , per la ferma volontà delle Potenze di non consentire mutamenti essenziali nell’impero turco, non esercitare alcuna influenza sulla politica generale, e in particolare sulla situazione dei Balkani; ma essa è certamente grave, ed è nuovo indizio della instabilità dell’ equilibrio di quell’impero musulmano, che le Potenze si ostinano a tener su ritto , considerandolo , quantunque minacci di cadere al più lieve soffio , quale garanzia di pace. Questa agitazione nazionale, abilmente organizzata con giornali propri anche all’estero, principale fra tutti la Shqiperia che si pubblica a Bukarest, si manifesta in due modi: sia contro la propaganda austriaca, che si fa senza sotterfugi, specialmente nell’Albania occidentale e contro le aspirazioni dei Greci al possesso del-l’Epiro, che gli Albanesi considerano come faciente parte del loro territorio; sia contro il malgoverno delle autorità locali. La sommossa d’Ipek e Giacova è un effetto di questo malgoverno, che già ispirò agli Albanesi un memoriale di protesta da essi spedito al Gran Visir, chiedendo uno statuto organico che li preservi dagli arbitri dei Vali e che valga, nello stesso tempo, a proteggerli contro gl’intrighi di chi aspira su di essi a predominio. Copia di questo memoriale venne spedita anche alle Potenze firmatarie del Trat-rato di Berlino, che aveva garantito all’Albania riforme che non le furono concesse. Il Sultano riuscirà facilmente a vincere il movimento di ribellione ? Lo vincerà certo, ma facilmente no, se non si affretta a soddisfare ai desideri degli Albanesi, che glieli esprimono questa volta in modo così energico. Gli Albanesi sono forti, fieri, di fibra indomabile. Hanno l’anima aspra come i monti della loro Patria; ardente come la fantasia che ispira i loro cantori. » Anche il Pester Lloyd rilevava su per giù le stesse cose, e risalendo alla Lega di Prisrendi, scriveva che anche gli Albanesi si erano oramai svegliati e che i principii di nazionalità avean fatto presso loro grandi progressi, specialmente per opera dei patrioti residenti in Rumania, in Italia e in Grecia; i quali, creando delle società e pubblicando dei giornali, affaticavansi da gran tempo, senza mai stancarsi, per ottenere l’autonomia e la libertà «iella loro Patria. « Le pretese dei xMontenegrini e dei Serbi e la pazza politica dei Turchi hanno portate le cose agli estremi. Naturalmente anche ora la Turchia seguirà il vecchio metodo divide et impera; ma non approderà a nulla di serio, poiché solo le riforme serie e reali possono apportarle giovamento; in caso contrario, avverrà lellum omnium contra omnes, ed allora non potrà più salvarsi, a dispetto della diplomazia, che tenta di prolungarle i giorni. » Il Journal des Debats, nel trattare dello stesso argomento, concludeva che i torbidi provocavano nel mondo politico turco una inquietudine che in vano si cercava di dissimulare. In vero la Porta si vide costretta a intavolare delle trattative con Riza Bey,