— .51 — verno centrale aderì, tanto più che incominciava a vedere nella Lega, dentro la quale già insinuavasi 1’ elemeuto cristiano , un pericolo grave e forse imminente per la propria sovranità in Albania. Si disse allora che quel valoroso e sfortunato generale, volendo rendere un nuovo ed importante servizio al suo padrone, avesse osato d’ intimare lo scioglimento della Lega, minacciando di far uso della forza, in caso di rifiuto, e che quindi fosse stato trucidato a colpi di pugnale, nella sala delle adunanze. Ma un testimonio oculare , e che fu anzi gran parte in tale avvenimento, narra la cosa in modo affatto diverso , come appare dal documento che segue., che fu da lui stesso scritto in albanese , per incarico del De Rada : « Era un mercoledì e i magistrati e i signori di Giacova, musulmani e cristiani, uscirono lungo la via di Prisrendi, che dista sei ore di cammino, per aspettare Mehmet Alì Pascià , il quale aveva telegrafato la mattina, e veniva a staccare un pezzo della Shkjiperia per donarla al Montenegro , come avevano voluto le Potenze cristiane. Egli quindi veniva in mezzo a noi come nemico mandatoci da nemici. Aspettarono fino all’ imbrunire , quando giunse un gendarme, annunziando che il pascià non sarebbe giunto quella sera, perchè aveangli ucciso il telegrafista al Caffè Marasci in Prisrendi. Tutti ne furono contenti, e Hassan Aga disse ai cristiani ch’erano ivi : « Siatene contenti anche voi ». Gli rispose il prete D. Pietro: « A noi non importa che egli venga o non venga; chè se egli viene a fin di bene o a fin di male, come viene per noi, viene anche per voi, giacché tutti siamo shkjiptari e dello stesso sangue- Egli però viene straniero e da stranieri ». « Checché ne sia, replicò Hassan Aga, nè egli, nè tutta l’Europa potranno far nulla, finché noi saremo in vita ! Al sabato venne Mehemet Alì in Giacova, scortato da una cinquantina di cavalleggieri, e la domenica mandò a chiamare a sè frà Pietro che dimorava in Zim, nei pressi del Drino, sulla strada di Prisrendi. A mezz’ ora di notte frà Pietro giunse in casa di Praka Gulia, mushelim dei cristiani, e di là, con Toni, figlio di Praka, e con un servo, recossi al palazzo di Abdul pascià, dove era alloggiato Mehemet Alì. La strada era già occupata da genti in arme di Giacova e dei villaggi circostanti, sparse in capannel li. Il palazzo di Abdul pascià era composto di quattro edifizi, con giardini in mezzo, circondati tutti da un muro e bagnati dal fiume Perroni, che passa in mezzo a Giacova. Ivi entrati, trovarono. Mehemet Alì in conferenza col padrone di casa, col Cadì, con Coronizza, Baram Aga, Soliman Aga, Sa-cer Aga, Hassan Aga, Mirtiz Aga e con altri nobili signori , i quali erano tutti capi della Lega. Essi tutti sforzavansi di per-