— 546 — che questo non è uu motivo perchè la nazione riunita debba lasciare su quei punti il valico aperto alle offese nemiche. « L’elemento straniero dovrà avere la compiacenza o di ripassare il confine e ritornarsene fra i suoi, o di acconciarsi coi nuovi fratelli, abbracciarne la causa e seguirne le sorti. » Se adunque nel suo discorso alla Camera dei Deputati S. E. il ministro Tittoni si riferiva, come noi vogliamo sperare e credere, ad un’ Albauia così intesa, bisogna convenire che egli, col riconoscimento della verità da parte dell’Austria-Ung'heria, ha ottenuto un successo diplomatico di prim'ordine e che ha ancora una volta, e a preferenza di ogni altro, dimostrato agli Albanesi e al mondo, con prove irrefragabili, come l'Italia non venga mai meno a se stessa , nè ai principii sacri e inconcussi che costituiscono la base incrollabile sulla quale essa poggia saldamente, ed in fine, ove non vi fosse altro, ha provato, nel modo più esauriente, come noi, costanti nel sostenere che solo dall’Italia gli Albanesi, fra le Potenze direttamente interessate, possono aspettarsi quell’appoggio e quell’aiuto disiuteressato che altri, in vece, è stato ed è sempre pronto ad esibir loro, con lo scopo nefando di soggiogare o di ridurre in pezzi l’Albania, fin dal primo g'iorno di quest'auno avessimo tutto il diritto di scrivere sul Flamuri queste parole: « I nostri intenti puri e santi, la nostra coscienza altera e intatta, il nostro grande ed ereditario affetto verso la Patria degli Avi nostri, il nostro ereditario amore verso la terra che li ha ospitati, allorché essi, con le armi in pug-no, abbandavauo le case antiche e i campi bagnati del loro sangue, o biancheggianti per le ossa dei consanguinei morti per la libertà; l’amor nostro, diciamo, e la nostra gratitudine verso l’Italia, che nel suo seno da quattro secoli ci mantiene sempre Albanesi e ci dà scuole di nostra lingua e luoghi di nostra educazione, ci fanuo bene sperare che l’opera nostra sarà benedetta e che uoi attingeremo la sospirata meta. Questa sicurezza ci viene auche dal fatto che solo nella Camera italiana, da parecchi anni, si è intesa risuonare una parola efficace e serena a favore dell’Albania ; che solo dall’Italia, al cospetto di tutta l’Europa civile, si è proclamata la necessità dell’indipendenza albanese; che solo dai giornali italiani, senza sottintesi e senza secondi fini, si è sostenuto il dovere dell’Europa di provvedere affinchè anche gli Albanesi siano messi nella condizione di potersi organizzare come tutti gli altri popoli della penisola balkanica e di reggersi quindi, al pari di quelli, con governo e con leggi proprie. Questa sicurezza, in fine, non può per nulla venire scossa nell’animo nostro, specialmente perchè la gloriosa Croce bianca di Savoja, vessillo dei sacri principii di Nazionalità e di Libertà , irradia la sua luce benefica su questa ÌS azione, che il pensiero di Dante, di Macchiavelli, di Mazzini e di Cavour, il senno e il valore di Vittorio Emanuele II, la spada fatata di Garibaldi e il sangue di tanti eroi, fra i quali non