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Elena, iu una parte dell’ Albania, dovrà rimanersene invece modestamente contenta delle cose come stanno. L’èra che corre non è propizia ai sogni politici dei poeti, e la bianca Skodra sta per il Montenegro in così grande lontananza, quanto, per la Zarina dei Balkani del Principe Nicola, l’ambita Prizrend-Grad. E per avvedersi quali siano le condizioni di fatto del Montenegro, basti al principe Danilo, malgrado tutta la parentela italiana, di volgere uno sguardo ai porti montenegrini d’Antivari e di Dui-cigno , dove 1’ Austria fa la guardia ai porti, e un altro sguardo all’Adriatico, dove le navi da guerra dell’impero si preparano a intraprendere una crociera alle coste Albanesi. Un avvertimento a due parti ! »
  Qualche giorno dopo il Reichswehr dedicava un articolo di fondo alle supposte aspirazioni dell’ Italia e a quelle del Montenegro sull’Albania, in cui fra l’altro si legge: « L’Adriatico è agitato fortemente. Ciò peraltro si deve intendere nel senso politico, poiché quando sitrovano contemporaneamente in crociera davanti alle coste albanesi due navi italiane e poi due austriache, non si può sottrarsi all’ impressione che si svolgono nell’ Adriatico fatti che non corrispondono ai rapporti di alleanza fra l’Italia e l’Austria; perchè non è un buon sintomo il fatto che la sospettosa vigilanza
subentri in luogo della fiducia..... L’Italia ha bene il diritto di
cercarsi delle piazze di sfogo in Albania; ma essa non si mostra animata da buoni sentimenti, cercando di cacciarsi là dove già si trova la sua alleata. » Accusava quindi il Montenegro quale agitatore impenitente, dicendo che dalle roccie della Cernagora avvallavasi una cupa nebbia sull’ Albania, offuscando tutto il paese, e che 1’ ambizioso principe Nicola non sognava altro che la risurrezione del grande ed utopistico impero serbo, cui dovrebbe far parte anche l’Albania, e ripetendo la storiella dell’ influenza della Regina Elena, aggiungeva che l’Augusta Donna, orgogliosa della sua origine, vedrebbe volentieri che suo padre e la patria andassero incontro ad un periodo di gloria. Riferivasi poscia ad un articolo sullo stesso argomento, pubblicato il giorno innanzi dalla Polifische Correspondenz, e concludeva che l'agitazione nell’Adriatico si capiva benissimo, e che si stava attentamente spiando con un cannocchiale se mai non fosse per sopravvenire una tempesta, e che era dovere del buon marinaio di prendere tutte le disposizioni necessarie per affrontarla, tosto che le onde si fossero con violenza scagliate sui fianchi della nave. Anche il TageMatt, in uno scritto pieno d’insolenze contro l’Italia, e contro
il	Montenegro, intitolato « La pelle dell’orso », si permetteva di ammonire l’Italia a guardarsi dall’ impresa albanese, poiché essa « in quel fuoco si sarebbe abbruciate le dita, più fortemente che in Abissinia. » L’ Agramer TageMatt, rispecchiante i principii del croatismo intransigente, a proposito di un atto pietoso eseguito dall’ammiraglio della squadra italiana innanzi a Lissa, chiedeasi
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