— 157 — nelle mani dello Czar, da cui 1’ ebbe, la corona della Bulgaria; mantenendo così la parola che avea data! Durante la Reggenza di Stambuloff, le cose parvero già venute agli estremi. Vico Mantegazza, che si trovava a Tirnovo e in rapporto con i maggiori uomini politici bulgari, in quei tempi, che costituirono certo il periodo più difficile che fino allora avesse mai percorso il giovine principato , così scrive sul Corriere della Sera: « Da un momento all’altro si aspettava la notizia che le truppe russe erano sbarcate a Yarna, per deporre la Reggenza e governare direttamente il paese... Furono giorni di ansie terribili. La Bulgaria, malgrado le simpatie destate dal Principe di Battem-berg in Europa, era abbandonata da tutte le Potenze, nessuna delle quali voleva deliberatamente urtarsi con la Russia ». Ma non essendole riuscito il colpo audace, per l’energia spiegata dalPAssembiea bulgara nell’eleggere il Principe Ferdinando, come pure per 1’ opposizione immancabile dell’ Inghilterra e per quella della Triplice Alleanza, messa in allarme dall’On. Crispi, essa cercò sempre le occasioni di nuocere direttamente o indirettamente alla Bulgaria, di crearle difficoltà e di mostrarle la sua avversione, che fra le altre cose determinò lo stesso Czar ad esprimere il suo dispiacere vivissimo al Sultano, per avere, nel settembre del 1892, accordata un’udienza a Stambuloff e perchè non si era astenuto dal mandare un suo rappresentante all’Esposizione di Filippopoli, ed a sostenere più tardi, come si è detto, le ragioni del Patriarcato ecumenico contro 1’Esarcato bulgaro, che ben era da considerarsi come sua creatura. Con tutto ciò non poteva riuscire difficile alla Russia di risvegliare le antiche e non del tutto spente simpatie, e di richiamare alla mente dei Bulgari i vincoli che ad essa legavanla; specialmente perchè fra costoro non era mai venuto meno il partito russofilo a qualunque costo, formato di uomini i quali dicevano di essere prima russi e poi bulgari; nè richiedeansi grandi sforzi a fine di solleticare e di riattivare quelle passioni espansionistiche, che il Trattato di S. Stefano avea naturalmente suscitate e che quello di Berlino non aveva potuto reprimere. Del resto un tale risveglio veniva enormemente favorito dal fatto che non pochi ufficiali dell’esercito bulgaro, molti impiegati e negozianti, moltissimi preti e maestri e non piccoli nè scarsi gruppi della minuta popolazione, di origine macedone, o meglio discendenti di antichi bulgari e di altri slavi infiltratasi in varie epoche in Macedonia, erano vivamente attratti ad interessarsi dei loro parenti e dei loro amici rimasti oltre il confine, in attesa di tempi mig-liori. Quindi la propaganda dei Comitati bulgari nei vilayets della Turchia europea incominciò a svolgersi con la più grande attività e con incredibile audacia, in base al principio per il quale il Conte Ignatieff lavorava fin dal 1862, cioè di una Grande Bui-