— 76 — Anche su questo avvenimento riportiamo il pensiero del De Rada, che pur dissaprovava, e non a torto, le insurrezioni parziali, specie se dovuti, come egli credette, ad estere influenze: « Non possiamo dire ancora coscientemente se sia giunto il momento di prendere le armi, o se i nostri fratelli a ciò siansi determinati per g-li aizzamenti degli estranei che stanno loro intorno. Sappiamo questo solo che le spade sono tratte a difesa della giustizia. È giusta dimanda che gli ‘-hkjiptari non diano più di quanto, per patti espressi, diedero i loro avi e che il tributo sia dai vecchi, giusta consuetudine, partito per famiglie. É colpa grave che la Turchia detenga più oltre nelle carceri e negli esili il patriziato albanese, poiché essa ben sa che quei signori, come le erano stati al fianco nella guerra contro la Russia, così le furono allato allorché le avverse genti vicine voleano disfarla , e da lei distac-caronsi con 1’ animo e con le opere solamente allorché essa fu costretta a cedere ai nemici parte della loro nazione, che pur le era stata tanto fedele. Noi vorremmo che questa fosse 1’ ora in cui la Porta ottomana, circondata da tanti nemici che le vogliono male, agl'infelici Albanesi, che ancora non l’hanno abbandonata, conceda, rifuggendo dal sangue, quanto promise a Berlino, cioè l’autonomia delle proprie case, allegrate dal ritorno dei lor signori. Contentandoli così, dissiperà le ingorde straniere insidie. » Forse con lo scopo di pacare gli animi e di tenerli in freno, più con le buone che con la violenza, il Governo mandava poscia, sui luoghi, con otto battaglioni, Heisel pascià, di origine albanese il quale si era distinto assai in Shipka. Costui riusciva nell’ intento, ma in guisa che al popolo non fossero negate armi e mu-, nizioni per la difesa del territorio, contro le bieche mire dei Serbi, che, alla lor volta, pur non osando venire apertamente in lotta con gli Albanesi, non nascondevano il proposito di estendersi fino a Giacova, a Relca e a Luma , quando si fosse offerto loro il destro. L’energ'ia e la solidarietà con cui gli Albanesi, a qualunque religione essi appartengano, levansi come un sol uomo contro quei popoli che accampano pretese sul loro territorio, o che si attentano per poco di mettere in atto le insensate velleità di conquista, con mezzi più o meno diretti, si sono rese manifeste ancor meglio in questi ultimi anni, ed ai nostri giorni in ispecial modo, di unita alla loro irrefrenata e nobilissima tendenza di sottrarsi al tirannico dominio che ciecamente li opprime. La Turchia ha saputo sempre avvalersi delle prime contro la malnata avidità e le provvide impazienze dei suoi presunti ed illegittimi eredi; ma non ha mai avuta 1’ accortezza politica di speculare sull’altra, soddisfandola in guisa da cattivarsi la gratitudine di un popolo fortissimo e generoso, che sarebbe stata per essa feconda d’incalcolabili benefici. Ciò forse è stato per gli Albanesi un male transitorio ed immediato, che però non mancherà di