— 431 — speranza di ridurre ai minimi termini le riforme , mercè l’opposizione albanese. Il desiderio di porre ostacoli al futuro ingrandimento della Bulgaria, spiega che abbiano commesso questo errore l’Austria e la Russia... E inesplicabile che esse non abbiano prevista la resistenza degli Albanesi e la impossibilità del Sultano di agire con energia contro i compatrioti, i padri, i fratelli dei soli custodi sicuri della sua persona e del suo potere. E l’Italia, aderendo puramente e semplicemente a questo errore delle due potenze firmatarie della Nota comune, si è lasciata sfuggire una occasione unica di creare in suo favore una forte corrente di simpatia presso la nazioni' albanese, che sente amaramente lo strazio del proprio smembramento. » Osservazioni simiti , fin dal 15 febbraio , pubblicava anche il Giornale d'Italia, che opportunamente, fin da allora, metteva in evidenza il fatto che il crescente sentimento di fraternità nazionale tra albanesi musulmani e albanesi cristiani; il crescente malcontento dell’Epiro; i primi albori (?) d’un’ idea nazionale albanese, che facea sentire dolorosamente lo smembramento della patria; la miseria e 1’ irrequietezza dei Malisori, rendevano probabile, più che possibile, da un’ora all’altra, l’estensione dei torbidi dalla Macedonia all’Albania, dove, oltre le proteste a mano armata a Giakovo contro le riforme, Malik Bey, inafferrabile , teneva la campagna e avrebbe potuto, volendo, decuplicare in pochi giorni i suoi seguaci; mentre tutta la Bassa Albania pareva disposta a sollevarsi ad un solo cenno d’Ismail Kemal Bey Vlora e mentre tutti gli altri Bey toski fremevano, impazienti di riscossa e di mutamenti. Poscia, il periodico medesimo, per quanto senza ragione plausibile dubitasse della capacità degli Albanesi di formare un’ Albania autonoma, scriveva sull’argomento medesimo che nel cuore degli Albanesi del vilayet di Kossovo trovava eco il dolore e la umiliazione di vedere smembrata la Patria, col distacco dagli altri del vilayet da loro abitato e di quello di Monastir, per creare quell’unità artificiale che voleasi chiamare Macedonia, e che tali sentimenti necessariamente sarebbero diventati generali presso gli Albanesi ed avrebbero infiammati all’azione, se non i Gheghi delle montagne di Scutari , ingiustamente definiti come troppo amorfi, divisi e rozzi, almeno i Toski , più civili e più malcontenti della bassa Albania. A concetti identici era ispirata una corrispondenza particolare del Mattino, datata da Scutari il 25 marzo, e nella quale legge-vasi: È vero che l’opposizione alle riforme esiste, e vivissima; è pur vero quanto si è potuto sapere qui che il capo degli Albanesi di Krasnic, Barajktar Shaban Binaku, dichiarò che gli Albanesi si opporranno alla introduzione delle riforme, anche opponendo le armi alle armi, e non fece mistero davanti alla commissione inviata a Ipek e a Giakova; ma non alle riforme in sè e per sè