— 293 — si tenta, fino da og-gi, di determinare il limite* delle reciproche zone d’influenza? In verità temo più l'accordo,che l’antagonismo austro-russo; ma le preoccupazioni crescono per la ragione stessa delle cose, la espansione virtuale dell’ Austria dovendo appunto svolgersi in quella parte occidentale della Penisola balkanica, che è cosi vicina alle nostre coste. Io non so se l’on. Ministro degli affari esteri vorrà e potrà fare dichiarazioni in aggiunta a quelle che ha fatto 1’ anno scorso. Spero che egli possa dichiarare alla Camera che, nel rinnovamento consentito, in massima, come ora sembra indubitato, della triplice alleanza, sia stato riconosciuto il diritto dell’ Italia ad aver voce in quella nazione parallela austro-russa che può riguardare l’avvenire della Penisola balkanica. Nessuno di noi, se pone la mano sul cuore, potrà dire che l’alleanza nostra con l’Austria sia un'alleanza di sentimento; è una alleanza d’interessi. Ma se noi dovessimo rinnovare questa alleanza, senza che fosse garentita la sicurezza nostra della parte orientale deH’Adriatico, e se da un’altra parte dovessero fallire, e m’auguro che non sia , le nostre speranze pei trattati di commercio, con tutta lealtà lo dichiaro, preferirei che l’alleanza con l’Austria non fosse esistita, o non fosse rinnovata. Qualunque estensione dell'Austria lungo le coste dell’Adriatico, qualunque sua mossa verso Salonicco, o qualunque mossa della Russia verso Costantinopoli, possono, non soltanto sconvolgere l’attuale equilibrio politico, ma far nascere la più seria minaccia e il più irrimediabile pericolo per l’Italia. E credetelo pure, nessuna compensazione in altre parti del Mediterraneo sarebbe, di fronte a quello, rimedio adeguato. Per carità di patria, non ci facciamo illusioni. Gli avvenimenti incalzano. La penisola balkanica, come riconobbe il conte Goluckowski, è in uno stato di combustione che nessuno può negare. Dall’altra parte dell'Adriatico, a breve distanza da noi, esiste un Governo dal quale né la proprietà privata, nè il diritto personale sono garentiti; tutto vi è arbitrio e manomissione; e la voce delle barbarie, che si commettono appunto in quelle provincie, traversa l’Adriatico e giunge fino a noi! Non è sorprendente che la rivoluzione serpeggi dovunque ! Vigiliamo, prepariamoci. Nel giorno della riscossa, l’Italia non deve trovarsi impreparata, se non vuole che il Mare Adriatico diventi degli altri. Ricordiamoci che questo mare fu ben nostro un giorno, e non eravamo allora trenta milioni di abitanti. I porti della Dalmazia e dell’ Albania erano emporio del commercio veneto, e le navi di quella repubblica portavano l’onore della propria bandiera su tutte le coste dell’Adriatico. Se abbiamo raccolte dai nostri padri quelle gloriose memorie, perchè non sentiamo più nelle nostre vene quelle energie che li fecero così grandi ? A Lepanto non potremo mai contrapporre altro che Lissa, a una vittoria una disfatta ? Amicizia con la potenza alleata io la intendo; servilità, no... » L’indirizzo che dovrebbe seguire la politica italiana in Albania,