— 512 — che settimana addietro, un illustre diplomatico austriaco. È vero che il Fremdenblatt, organo del conte Goluchowski, sì sforza di vantare la solidità dell’accordo austro-russo, che, a dire di quel giornale, non tende ad altro che a far eseguire la volontà espressa dalle grandi Potenze col trattato di Berlino; ma è ancor più vero che l’Austria continua a fare dei preparatici militari nella Bosnia, nell'Erzegovina, a Novi Bazar, a Zara e forse anche a Trento, e non cessa di seminare dell’ oro a piene mani in quelle regioni dove essa spera di avanzarsi, e di non trovare ostacoli da parte degli Albanesi. Di quali territori l’Austria aspiri ad impadronirsi non v'ha chi non sappia, come pure non v’ha chi disconosca come tali aspirazioni non collimino cogl’interessi delle altre Potenze, e specie con quelli dell’Italia; nella stessa guisa che quelli della Russia non collimano affatto con quelli dell’ Inghilterra , nè quelli dell’Austria, spinta di continuo alle spalle della Germania a diventare slava, non si accordano per nulla con quelli della Russia. Dopo queste osservazioni si comprende facilmente che l’accordo austro-russo deve per nesessità rallentarsi, come si è rallentato parecchie volte dacché fu concluso per la prima volta, per quanto gl’imperatori siansi adoperati e si adoperino a renderlo più saldo; si comprende altresì che, ove mai le cose-dovessero restare quali sono, la Turchia potrebbe liberamente divertirsi e tergiversare a suo piacimento. Ma fortunatamente pare che la faccenda si sia messa su di un’ altra strada e che si appressi il giorno sospirato in cui, per virtù propria e per l’appoggio che sono costrette ad offrire l’Inghilterra, da una parte, e l’Italia, dall’altra, poiché tanto 1’ una che l’altra sono vessillifere di libertà in Europa, l’Albania potrà finalmente liberarsi dal grave giog’o che da così lunghi secoli le sta sul collo ! I primi sintomi dell’intenzione degli Albanesi di non lasciarsi sopraffare si manifestano anche oggi coi disordini che si notano ad Ipek, a Reka, nei dintorni di Mitrovizza e altrove; non già perchè essi, come spacciano i nemici, non vogliano riforme; ma perchè non sono così stolti da non vedere che, con la scusa delle riforme imbastite dalla Russia e dall’Austria, tanto l’una che l’altra di queste grandi Potenze tendono a ridurre a brani l’Albania. Le riforme ci vogliono, davvero; ma è necessario che siano radicali e per tutti i villayets, perchè in tutti i villayets si soffre nella stessa maniera. » Del nuovo e gravissimo movimento degli Albanesi di Kossovo, che si protrasse più di quanto in sulle prime avesse potuto prevedersi, non credo di poter dare, almeno per ora, un’ idea più completa, che riproducendo dal Flamuri quanto vi si riferisce : « Un telegramma da Costantinopoli alla Tribuna, del giorno 8 gennaio, dice che ad Ipek fu ucciso un gendarme cristiano da