— 91 — baldini; di Ricciotti all’ala sinistra che non piega; di Mereu, di Cipriani e della legione filellenica in quella destra! Gli Albanesi avanzavano ordinatissimi, e nessuno di coloro che li vide, potè negare che essi non ebbero un’ esitazione , una indecisione, un istante di sgomento. Ai loro primi colpi cadde Antonio Fratti, che, acceso da nobile ardore, innamorato dell’antica civiltà ellenica, era accorso gene rosamente a sostegno di una causa ingiusta, che purtroppo non appariva tale agli occhi di lui e di tutti gli altri valorosi che lo avevano accompagnato. Durante la notte, parecchi messaggi del Mavromicali a Garibaldi, annunziano la ritirata da Domoko su Lamia. Tutti, come già a Larissa, fuggono ; ma Ricciotti non vuole imitarli; egli e i suoi restano ultimi a contatto dell’esercito turco, che, ammirandone il coraggio, non arreca loro alcun disturbo. La sera del 18 anche il passo di Furka viene forzato, e Lamia è invasa dal terrore. Migliaia di persone, scrive il Ciancabilla, travolgendosi l’una sull’altra, si precipitano in piena notte sulla via dei monti verso la Termepoli, e l’ esercito che si dirige colà in ritirata, vi si incammina in fuga. « È l’ultimo sforzo, con esagerata amarezza, conchiude egli, non degli eroi di Leonida; poiché veramente io dubito oramai che questo popolo abbia avuto tra i suoi antenati dei Leonida. Forse la Termopili e Maratona non hanno mai esistito ! » In Epiro l’azione fu assai meno intensa, poiché i venticinque-mila uomini ammassati ad Arta non trovarono fra gli Albanesi chi, lasciandosi illudere da vane promesse di libertà, volesse prestarsi a tradire la Patria. « I soldati del colonnello Manos, scrisse E. M. Voyiie, indarno si sono avanzati sulla linea di Janinae han fatto sentire il grido d’indipendenza; nessun’ eco ha risposto in quella terra così gelosamente custodita dagli audaci e bellicosi Albanesi che, se per abitudine tollerano la sovranità del turco, non sono affatto disposti a permettere che altri vada a dettar loro alcuna legge. » All’inizio delle ostilità, la squadra greca del Jonio bombardava due volte Prevesa ; ma era costretta a ritirarsi ; come pure, con l’incendio di Murto, con la distruzione di Santi Quaranta e col bombardamento di Septokarya, non riusciva ad ottenere alcun effetto militare positivo, non avendo potuto occupare alcun luogo della costa, donde le truppe operanti da Arta potessero in qualche modo rifornirsi. Ciò non per tanto queste varcavano l’Aracte da un ponte provvisorio, costruito sotto la protezione delle artiglierie, e le bande degli irregolari e dei volontari oltrepassavano la frontiera da vari punti e spingeansi a Filippiades; mentre gli squadroni della cavalleria di Sultzo giungevano ad impadronirsi di tre villaggi e del forte di Salahora. Il giorno 22 aprile le loro ricognizioni sping-eansi fino sul