— 177 — gresso, che era stato indetto per il 13 maggio, al quale solo una quarantina di individui parteciparono e che si sciolse senza che fosse presa nessuna risoluzione, nemmeno sull'invio del Memoriale. Allora il Comitato, tra la fine di maggio e il principio di giugno, ricominciò a far penetrare in Macedonia delle bande, che ebbero dei confitti con le truppe turche , ed il sultano notificò tosto alla Bulgaria che l’avrebbe ritenuta responsabile delle conseguenze che avrebbero potuto derivare, se tali incidenti si fossero ripetuti. Il Governo di Sofia affrettossi a inandare al confine, verso Dubnitza, un reggimento di fanteria e uno di cavalleria, per impedire ogni ulteriore passaggio di bande armate; ina a poco valsero questi ed altri provvedimenti, perchè il Comitato da una parte, raddoppiò la sua attività e giunse per fino, nei vi-layets di Monastir e di Salonicco, a far sostituire di notte con proclami rivoluzionari le pastorali dei Vescovi bulgari affissi alle porte delle Chiese ed incitanti i loro diocesani alla calma e alla fedeltà verso il Sultano; e dall’altra, la popolazione bulgaro-ma-cedone del Principato si mise in tale fermento, che nei pubblici ritrovi si raccoglievano fondi per l’acquisto di armi e di munizioni. La stampa austro - ungarica e quella tedesca non si astennero dall’accusare il Governo bulgaro di fare un doppio giuoco, e anche la Husky Trud, di Pietroburgo ed altri giornali russi , pur insistendo sulla necessità delle riforme, reclamate nei mlayet della Turchia europea dalle inaudite sofferenze dei cristiani, assicuravano che la Russia seguiva attentamente l’agitazione macedone e sorvegliava la condotta della Bulgaria, della quale non avrebbe mai approvate le tendenze espansive, a danno dei Serbi e dei Greci, sulla vasta regione delle montagne albanesi che si estendono fin presso alle porte di Costantinopoli. Da Sofia si rispondeva che le cause dei disordini erano da ricercarsi appunto nelle odiose persecuzioni di cui erano vittime i cristiani soggetti alla Porta e che quindi era cosa ingiusta il chiamare in causa il Governo bulgaro e il tentar di riversare ogni responsabilità su di esso che, opponendosi alle nazionali aspirazioni, continuava a rinforzare i posti di guardia al confine ed era pronto a mandare nuovi soldati di fanteria e nuovi reparti di cavalleria a Dubnitza e a Kustendìl, per esercitarvi una vigilanza ancor più severa. Nel mese di maggio alcuni agitatori serbi decisero di promuovere la formazione di un Comitato, con organizzazione e scopi analoghi a quelli del Comitato di Sofia, per sostenere le aspirazioni della Serbia in Macedonia; quindi, dal giorno 8 di giugno, si ebbe una recrudescenza d’incidenti di frontiera assai gravi fra Albanesi e Serbi verso Mitrovitza, prima, e poi nei pressi di Jabla-nitza, con importanti combattimenti a Braina, a Gubantzi e a Propachitza, che ben a ragione la stampa italiana giudicava dovuti non alla pretesa avidità di rapina, nè ai pretesi istinti feroci degli 23