— 13 — •vedute; raddoppiò lo zelo, promise appoggio e più valida influenza, e, sotto pretesto di protezione, era giunta a far mettere piede in Albania a duemila soldati. Allora Mahmud, che iutendea giovarsi della simpatia del suo potente vicino, senza compromettere per nulla la propria indipendenza, soffrendo di malanimo la presenza di quelle truppe nelle sue provineie; dopo d’aver valutata, da una parte, la protezione dell’Austria che, potente di mezzi, agognava al dominio delPAlbania, e dall’altra, esaminate le conseguenze di un ravvicinamento col Sultano, del quale conosceva la debolezza, come conosceva la faciltà di spezzarne il giogo; venne nel consiglio di dichiararsi nemico deH’Austria, e appena ebbe scoperte le segrete manovre dell’ agente imperiale Brognard e dei suoi compagni, tagliava le teste di costoro e, in segno di riconciliazione, le mandava al Sultano, che lo promuoveva tosto a Signore della Rumelia. Mahmud però non seppe imporre al Divano il suo riconoscimento a Re dell’Albania ; gli nocque sovra tatto 1’ essersi mantenuto maomettano, il che gli alienò 1’ animo dei Mirditi e delle altre guerriere tribù cristiane e lo mise nella condizione di restar vassallo, poiché, giusta lo spirito dell’IsIam, è impossibile uno spar-timento dell’impero musulmano, come osserva il Gervinus a proposito di Alì da Tebelen, « non potendo due spade essere contenute nel medesimo fodero. » Egli aveva in animo di costituire un’ Albania unita ed indi-pendente, però maomettana, e in ciò consiste il suo errore; però egli non apparirà degno di biasimo, se si pensa che non piccola parte degli Albanesi segue il Corano, e che allora non conveniva iniziare una guerra di religione, poiché il fanatismo musulmano sarebbe scoppiato con violenza straordinaria ed egli, dichiarato apostata, sarebbe stato facilmente distrutto. Nel 1796 le continue ruberie dei Montenegrini nei territori di Podgorizza e di Shpizza provocavano rappresaglie da parte degli Albanesi, e Mahmud fu costretto ad invadere il Montenegro, mettendo tutto a ferro e fuoco. Il 22 settembre, era di venerdì, i Mirditi non vollero entrare in battaglia, perchè non ritenevano che quel giorno fosse propizio al combattere. Mahmud lasciò che il suo esercito si sparpagliasse nella pianura, per attendere il giorno seguente , ed egli restò con pochi eletti nella gola d’un monte. La notte i Montenegrini a sciami circondarono il luogo dove il Pascià dormiva. Indarno egli fece prodigi di valore, poiché estenuato dalla fatica, grondante sangue da ogni parte, dopo d’aver ucciso di sua mano ben trentadue nemici, cadde trafitto da un colpo mortale. Il suo capo reciso fu portato come trofeo di vittoria e fino ad oggi, misero cranio spolpato, orna la camera del Vladica nel monastero di Cettigne. Del visir di Janina molti e con varia passione hanno scritto; però manca ancora il libro che degnamente e con equità ne esponga e illustri la vita e il programma.