— 185 — cienza assoluta di rettitudine, di onestà e di buona fede; mentre sono dotati di tutti i vizii più turpi dei peggiori elementi, occidentali; senza avere la ben che più piccola fra le virtù civili e morali che adornano la grande massa dei popoli d’occidente. Per tanto, sotto la falsa accusa d’ essere iscritti al partito di costoro e di cospirare, allo scopo di sostituire Abdul Hamid sul trono col Principe ereditario Reshid o con Mohamed Selim, figlio maggiore del primo, furono arrestati e condannati all’ esilio perpetuo, nelle estreme provincie dell’impero, Said Bey e Ferid Bey, l’uno presidente della sezione giuridica di Stato e 1’ altro consigliere della sezione civile, come pure Mollah, già membro del Collegio dello Sheik ul Islam, e molti altri personaggi influenti, che occupavano le più alte cariche, fra i quali fu costretto a fuggire all’estero Alì Haidar , figlio di Midhat Pascià e quindi lo stesso cognato del Sultano, Mahmud Pascià, che non volendo, a suo dire, associarsi ad atti offensivi dell’umanità, nè esser complice della imminente rovina della Turchia, amministrata da vecchi ignoranti 0 da veri banditi, lasciò Costantinopoli insieme ai suoi figli. A questi fatti, che ebbero una grande eco in Europa , si aggiunse un rincrudimento assai notevole di torbidi e di tumulti in Albania, specialmente a Dibra, dove, oltre che la destituzione del-1’ Arcivescovo bulgaro , ritenuto presidente del Comitato segreto rivoluzionario, si chiedevano, come ad Ipek , la diminuzione dei tributi troppo gravosi, riforme amministrative e scuole nazionali. Per non far prendere maggiore sviluppo all’agitazione, il Governo tentò di lusingare gli Albanesi con promesse, con doni e con onorificenze; ma indarno; sicché si vide costretto a mandare sui luoghi Talat Pascià e Hassan Pascià con parecchi reggimenti. Costoro però, dopo d’aver comunicata la formale ripulsa della Porta circa la richiesta di scuole nazionali, non potendo più resistere alle energiche e minacciose insistenze, credettero di risolvere la questione, fuggendo di notte. Da Dibra allora fu spedita a Costantinopoli la seguente protesta: « La ripulsa data alla nostra domanda non ha alcun fondamento di ragione. Sono oramai parecchi secoli che noi Albanesi ci addimostriamo sudditi fedeli della sovranità ottomana; mentre il Governo turco non solo non ci tiene in quel conto che dovrebbe per 1 servigi prestati, ma, col proibirci di aprir scuole nazionali, mina la nostra stessa esistenza. Pur troppo dobbiamo dire che il più grande nemico dell’Albania è la Sublime Porta! Il Governo permette nelle terre di Albania la fondazione di scuole bulgare, serbe e greche e la nega a noi, che in queste terre siamo nati e viviamo. In questo modo i nostri diritti sacrosanti vengono conculcati da chi dovrebbe rimeritarci pel sangue che abbiamo sparso e spargiamo a prò dellTmpero ottomano. » Per le ragioni medesime, gli animi erano oltremodo eccitati contro il Governo anche a Prisrend, a Prishtina , a Novi-Bazar , a Ko- ■¿4