— 281 — tinnente d’ accordo con la Francia, per favorire e lasciar libera l'Italia nella realizzazione delle sue aspirazioni. Quest’ultima notizia però veniva in modo assoluto smentita, subito dopo, dalla Novoje Vremja. In quel tempo da per tutto in Austria simulavansi delle gravi apprensioni per la crescente influenza dell’ Italia nella Penisola balkanica, e il corrispondente viennese del Times, senza pur volerlo, subendo le suggestioni dell’ ambiente , comunicava al suo giornale che il commercio italiano nell’Epiro e in tutta l’Albania sostituiva man mano quello austriaco; che l’Italia mandava colà un vero esercito di commercianti, dei quali ciascuno consideravasi come il rappresentante d’una missione nazionale; che la lingua italiana guadagnava sempre più terreno e che l’Austria presto si sarebbe trovata in una posizione secondaria. Il vero è però che, a parte il risveglio di tradizioni, che parevano spente in quei luoghi che furono campo dell’ attività veneta , 1’ azione italiana nell’Albania esplicavasi assai lentamente, più con promesse, con progetti e con buone intenzioni, anzicchè per mezzo di fatti capaci di rendere vana l’oculata e diuturna propaganda austriaca. Ciò per altro, in certa guisa, era voluto alla Consulta, dove un cospicuo personaggio che ivi sedea, dando un’impronta veramente geniale alla politica estera, al corrispondente del Secolo XIX di Genova diceva che 1’ Albania aspirava cosi fortemente alla sua indipendenza, che non avrebbe mai voluta l’ingerenza dell’Italia e dell’Austria, proprio come non voleva quella della Turchia; mentre cercava solo l’appog-gio di una Nazione che potesse liberarla dalla dominazione turca , non per dipendere da un altro stato, bensì per profittare del momento opportuno e proclamare la propria indipendenza. Tutto ciò è vero senza meno, ma non giustifica pienamente la poca attività, o meglio, la scarsa efficacia con cui l’Italia, in confronto dell’Austria, adoperavasi in Albania, per non lasciarsi sorprendere, in un prossimo avvenire, da fatti gravissimi e irrimediabili; anche nella considerazione che solo da poco erasi pensato a Roma di mettere un freno aH’allarmante sviluppo dell’oramai vecchia influenza austro-ungarica sull’altra riva dell’ Adriatico. Onde l’onorevole De Martino, nel suo discorso sullTtalia e sulla Politica internazionale, pronunziato nella Costituzionale di Napoli il giorno 2 marzo 1902 , fra le altre cose diceva: «..... Il Congresso di Berlino nel 1878 segnò il principio di un’ èra nuova nei rapporti fra gli Stati , e principalmente fra la Germania e l’Austria-Ungheria. La secolare rivalità per il dominio nel centro dell’Europa ebbe allora veramente un termine : la nazionalità tedesca si raccolse intorno alla Prussia e le membra sparse del teu-tonismo nellTmpero austriaco diventarono per la Germania una terra irredenta, la cui sorte l’avvenire dovrebbe risolvere; mentre il dualismo trionfante nellTmpero austro-ungarico fu il principio 36