— 25 — sione. Dopi ciò, avendo tentato di corrompere il nuovo seraschie re, che tardava a giungere, e dal quale però non ebbe che risposte evasive, Alì mandò emissarii a Mehemet Alì, il celebre albanese che era salito al grado di signore dell’Egitto e mantenevasi indipendente dal potere centrale, per mettersi d’ accordo a portare 1’ ultimo crollo all’ impero ottomano. Iu quel tempo i Sul ioti gli richiesero la fortezza di Kjafa, che egli si era riserbata. Costernato non poco da tale domanda, e tanto più che avea saputo come l’ammiraglio turco avesse tentato di neutralizzare l’azione di quei montanari con lusinghe e con promesse, rispose (21 gennaio 1821) che era pronto ad appagare i loro voti, purché essi fossero scesi di notte ad assalire da una parte, mentre egli lo avrebbe assalito dall’ altra , il campo dei nemici. Tale lettera cadde in mano di Ismael pascià, il quale si valse per trarre in inganno l’avversario, che dovette pertanto ritirarsi sconfitto. Non però si perdette d’animo egli; ordinò ai suoi partigiani di far soldati quanti più potessero e di andare a Suli, dove avrebbero ricevuti suoi ordini. Essi così fecero e furono accolti come fratelli dai Sulioti, cui presto Alì fece pervenire una lettera, nella quale, fra l’altro, dicevasi: Servite alla mia causa, e il Sultano si troverà in tale imbarazzo, che noi saremo in grado di dettargli legge. Valorosi Sulioti, voi rientrerete allora nel completo possesso delle vostre montagne, e dall’ alto delle caliginose cime di Kjafa assisterete ai funerali del-V impero ottomano. Mandò quindi istruzioni ai suoi agenti, che si spargessero in varii punti a sollevare la Grecia, a fine d’impedire che Kurshid lasciasse la Morea. Ma era troppo tardi, poiché costui si era già avviato alla volta di Larissa, luogo di convegno di tutto l’esercito. Scoppiavano intanto torbidi a Patrasso e in altri luoghi; però non valsero a far tornare indietro il seraschiere , il quale potè mettere su sedicimila uomini , cui a Trikala unironsi altri sei mila macedoni ; mentre Bekir, vaivoda di Prevesa , disfatto a Kumshandez , sfogava la sua rabbia contro le popolazioni a lui soggette, accrescendo il numero dei malcontenti. Addì 2 marzo Kurshid giungeva al campo di Janina , dopo di avere sorpreso per via un corriere di A. Ipsilanti che recava lettere ai capitani dell’Epiro, per mezzo delle quali si consigliava loro di secondare il visir Alì, ma in modo da potersi staccare a loro voglia da lui; non dovendo ad altro mirare, che ad impadronirsi dei suoi tesori, per impiegarli a vantaggio della Grecia. Tali lettere furono mostrate ad Alì dallo stesso Kurshid, e il loro effetto fu tale, da determinare il Visir a venire a trattative di pace; il che fecero anche i Sulioti (15 marzo 1821). Ma il 26 marzo questi ultimi ricevettero, in risposta alla domanda di automia, un ultimato col quale concedeasi loro la grazia di essere schiavi del Sultano, il perdono del passato , dietro promessa però che non avrebbero riprese le ostilità, e contro la consegna di venti ostaggi. Ad Ali, invece, si 4