GLI AVVENIMENTI NAVALI NEL CONFLITTO EUROPEO 143 La Dichiarazione di Londra, osserva “ The Economist ”. fu negoziata dal « Foreign Office » nel 1909, e il principale progresso fu in essa rappresentato da una lista di articoli che nessun belligerante avrebbe potuto dichiarare contrabbando di guerra, e che perciò si sarebbero potuti trasportare liberamente da o per i porti belligeranti dalle navi neutrali. La lista, che comprendeva tutti i minerali metallici, ebbe molte approvazioni, e la Dichiarazione di Londra venne additata dal Governo e dalla stampa liberale come una grande carta di commercio paragonabile in importanza alla Dichiarazione di Parigi. Ma il 4 agosto un proclama alterava la Dichiarazione di Londra; se non che solo il 21 settembre le autorità scoprirono l’importanza del rame, del piombo, del minerale di ferro, della gomma ecc. pel nemico, e solo allora trasferirono queste merci alla lista del contrabbando condizionale. Sono l’incertezza e l’indeterminatezza delle condizioni ancor più che le condizioni in sè stesse, quelle che hanno cagionato turbamento o attrito. Se le autorità britanniche avessero determinato chiaramente le loro intenzioni, e vi si fossero attenute, le lagnanze non avrebbero assunto la forma di una nota pubblica di protesta da parte della principale fra le varie potenze neutrali. Alla nota dell’ambasciatore americano il ministro inglese per gli affari esteri Sir Edward Grey si è affrettato a rispondere con una nota del 7 gennaio, nota di carattere preliminare inviata subito per dissipare ogni malinteso, ma con riserva di una risposta completa. Sir Grey, dopo di aver rilevato con compiacimento lo spirito amichevole della nota americana, ha dichiarato che il Governo britannico concorda nel principio enunciato del Governo degli Stati Uniti che un belligerante, nei rapporti col commercio fra neutrali, non può intervenire se non quando tale intervento sia necessario a proteggere la propria salvezza nazionale e, dunque, soltanto nella estensione in cui ciò è necessario. Noi procureremo, soggiunge, di contenere la nostra azione entro i limiti di questo principio nella intesa che esso ammette il nostro diritto a intervenire quando tale intervento non riguarda il traffico in buona fede fra gli Stati Uniti e un altro paese neutrale, ma il commercio di contrabbando destinato al nemico; noi siamo pronti, qualora la nostra azione involontariamente esorbitasse da questo principio, a fare le occorrenti riparazioni.